Smart working post coronavirus: cosa cambierà per il lavoro agile

Dal 31 luglio che cosa potrebbe cambiare per chi lavora in smart working?
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4 anni fa
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Come cambia lo smart working dopo il 31 luglio? Fino a quella data, che combacia con lo stato di emergenza da coronavirus, i genitori e disabili hanno diritto al lavoro agile ma anche con l’apertura delle aziende non è detto che questa modalità di lavoro debba venire meno, soprattutto in un’ottica di prevenzione.

Come cambia dal 31 luglio non solo per le Pa

Lo smart working è una modalità di lavoro da remoto che molte aziende stanno ampiamente utilizzando tanto che, molte di quelle note come Twitter e Facebook, hanno deciso di fare dello smart working la modalità ordinaria di lavoro.

Non è detto che tutte le aziende debbano utilizzarlo in maniera radicale, basterebbero infatti anche due giornate a settimana per avere benefici, come hanno dimostrato molti studi sul tema. Fino al 31 luglio i dipendenti privati genitori di un minore di 14 anni hanno il diritto al lavoro da casa purché sia compatibile con il lavoro da svolgere.

Nella Pubblica Amministrazione, come aveva sottolineato il ministro Fabiana Dadone: “L’obiettivo primario del lavoro agile nell’immediato futuro è quello di migliorare l’organizzazione dell’amministrazione pubblica, al fine di raggiungere il punto di equilibrio tra la maggiore efficienza dei servizi resi alla collettività ed il benessere organizzativo interno, che, come già rilevato, può contribuire a maggiori risparmi da parte delle amministrazioni e ad una migliore sostenibilità in termini di impatto ambientale” mentre nelle aziende private, queste potranno ripensare il modello organizzativo e puntare ad uno misto in base alle esigenze delle stesse. Tutto ciò sarà possibile predisponendo una policy efficiente, controlli a distanza e codici disciplinari.

La rivoluzione dello smart working

Lo smart working ha sicuramente cambiato il modo di lavorare dei dipendenti. Secondo una ricerca promossa dalla Cgil e dalla Fondazione Di Vittorio, durante il lockdown sono stati 8 milioni gli italiani che hanno lavorato a casa e l’esperienza sembra essere stata gradita dal 60 per cento di loro, che vorrebbero continuare con questa modalità.

Ci sono state ovviamente delle criticità da rivedere come la mancanza di competenze specifiche legate all’utilizzo di strumenti informatici ma anche il famoso diritto alla disconnessione e controllo a distanza.

Business Insider ha anche portato alla luce il caso di un dipendente che ha lavorato da casa durante il lockdown ma poi è stato richiamato dall’azienda per tornare in ufficio a causa della sedia non ergonomica utilizzata dal dipendente, che in sostanza non rispetta le norme di sicurezza sul lavoro. Su questo tema, sicuramente controverso, alcune idee giungono dagli Usa, dove Google ha ad esempio offerto ai suoi dipendenti mille euro di bonus per acquistare attrezzature e mobili per convertire il proprio spazio di lavoro nell’abitazione. In Italia, Sanofi ha pensato a postazione di lavoro complete nelle case dei dipendenti e contributi per acquistare sedie ergonomiche, stessa mossa di Develer che ha pensato ad agevolare l’acquisto di materiali per favorire il lavoro da casa mentre i dipendenti Zurich, potranno portare a casa mouse, router wi-fi e sedie ergonomiche per lavorare in maniera ottimale dal proprio domicilio.

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