Lo smart working è una delle novità più importanti lasciate in eredità dall’anno appena conclusosi. Prima dell’arrivo della pandemia di Covid-19, infatti, erano pochi gli italiani che conoscevano questa nuova modalità di lavoro, adottata oggi invece da un numero crescente di aziende. Da una parte il lavoro agile ha avuto un peso specifico su un nuovo trend registrato nel settore del mercato immobiliare, con una volontà sempre più marcata da parte degli italiani di trasferirsi dalle grandi alle piccole città, o perlomeno in aree periferiche per godere di maggiore spazio all’interno della propria abitazione e di aree verdi.
Islanda
Working in Iceland è il progetto lanciato dalla nazione islandese per attrarre le persone che lavorano in smart working, offrendo loro un permesso di soggiorno della durata di sei mesi, eventualmente estendibile anche per i propri familiari. Due i requisiti da soddisfare: uno stipendio mensile di poco più di 6 mila euro e un’assicurazione sanitaria integrativa.
Dubai
Anche Dubai è interessato ad ospitare lavoratori che operano da remoto. Il permesso di soggiorno è pari a dodici mesi, e a differenza dell’Islanda viene richiesto un guadagno mensile minimo di 5 mila euro. Inoltre, occorre avere anche un passaporto valido per i sei mesi successivi alla domanda e un’assicurazione sanitaria internazionale.
Caraibi
Un altro Paese che in questi ultimi tempi ha rilanciato un progetto simile a Islanda e Dubai sono i Caraibi. Nello specifico, le Isole Cayman hanno adottato un programma che consente a chi ha un guadagno di 100 mila dollari all’anno (8.300 dollari al mese) di poter vivere la realtà dei Caraibi. Se si ha l’intenzione di trasferirsi in coppia, il guadagno minimo richiesto sale a 150 mila dollari, mentre se ci si vuole trasferire con tutta la famiglia sono richiesti 180 mila dollari.
Vedi anche: Smart working in Thailandia, Maldive o Florida per fuggire dalla pandemia