Molte donne in gravidanza o subito dopo la nascita del figlio, si chiedono se la decisione di smettere di lavorare, e quindi le dimissioni volontarie, hanno effetti sul diritto di fruizione della Naspi 2016. Questo diritto, riconosciuto dal D.Lgs. n. 151 del 2001, va esercitato a partire da 300 giorni prima della presunta data del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio. Da questa prospettiva non rileva che la lavoratrice abbia già fruito o meno dell’indennità di maternità.
Naspi 2016 per le donne che decidono di smettere di lavorare per fare le mamme: condizioni
I requisiti per l’accesso alla Naspi 2016 dopo le dimissioni volontarie delle donne che smettono di lavorare in gravidanza e in vista della nascita di un figlio, prevedono: – almeno 13 settimane di contributi effettivi nei 4 anni precedenti alla cessazione del rapporto di lavoro; – 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti l’inizio del periodo di disoccupazione (esclusi quindi permessi, ferie, festività etc).
Naspi 2016 donne in gravidanza: calcolo e importo
A queste condizioni le donne che decidono di smettere di lavorare per la gravidanza e in vista del parto hanno diritto ad un sostegno pari alla metà delle settimane di contributi accreditati nei quattro anni precedenti le dimissioni. L’ammontare dell’importo Naspi 2016 in queste circostanze si calcola sommando gli imponibili previdenziali dell’ultimo quadriennio e dividendo il risultato per le settimane di contributi e infine moltiplicando per 4,33: – se l’importo ottenuto è pari o inferiore a 1.195 €, l’indennità è del 75%; – se è superiore si aggiunge il 25% della differenza (entro un valore massimo di 1300 euro). Attenzione però perché il sussidio non ha importo fisso: la Naspi 2016 per le donne che smettono di lavorare volontariamente in gravidanza diminuisce del 3% al mese a partire dal quarto mese di fruizione.