Un mese davvero disgraziato per il mondo dei social media, alle prese con due casi pesanti, di cui uno finito nel modo più drammatico possibile. Chiara Ferragni è caduta dalle stelle alle stalle sul Pandoro Balocco. Gli utenti continuano a non perdonarle di avere sfruttato la beneficenza fasulla in favore di bambini malati a scopi commerciali. E la scorsa settimana a restare vittima del popolo del web è stata la signora Giovanna Pedretti. Lodata per un giorno dopo avere difeso gay e disabili nel suo ristorante da una recensione ridicolmente maligna di un cliente, è finita nel mirino di Selvaggia Lucarelli e compagno, i quali ne hanno messo in dubbio la veridicità.
Social media nuovo canale per fare business
Ci sono diverse inchieste giudiziarie aperte, di cui una per l’ipotesi di truffa aggravata per la quale è stata iscritta nel registro degli indagati Ferragni e l’amministratore delegato di Balocco. Ma non è di questo che ci vogliamo occupare, quanto dell’impatto che questi fatti stanno avendo sulla percezione comune verso i social media.
Per anni hanno rappresentato una svolta nelle vite di tutti noi. Inizialmente, sono stati sfruttati dai più giovani per comunicare e ritagliarsi spesso vite virtuali attraverso le quali emergere da un’esistenza con scarse prospettive e poco dinamica. I social media hanno consentito a tanti comuni mortali di trasformarsi in personaggi pubblici e di rivelare le loro qualità. Pensate a chi compone brani musicali, a chi canta, balla, ecc. Ed è sorta una nuova categoria professionale a tutti gli effetti, quella degli influencer. Persone perlopiù comuni, che disponendo di numerosi follower hanno potuto sfruttare le proprie abilità comunicative o più semplicemente l’aspetto fisico per reclamizzare prodotti, servizi e fatturare anche con tanti zeri.
Pandoro-gate e caso Pedretti svolta negativa
Le aziende italiane, come del resto le loro concorrenti mondiali, hanno cercato di sfruttare questi nuovi canali in favore del proprio business. Hanno sempre più legato la loro immagine al mondo degli influencer più popolari con la speranza di fare breccia in nicchie di mercato altrimenti più difficilmente raggiungibili. Chiara Ferragni è stata la prima e certamente colei che con maggiore successo è riuscita ad attirare a sé tanti marchi aziendali, costruendosi un impero mediatico e imprenditoriale di tutto rispetto.
Collaborazioni con Safilo, Monnalisa, Pantene, Morellato, persino l’ingresso nel consiglio di amministrazione di Tod’s, ecc. Ma i social media si stanno rivelando un’arma a doppio taglio. Non sono gestibili come un quotidiano o un canale televisivo. Il pubblico è capace di dire la sua in diretta, sempre e anche con estrema violenza. E il business costruito su di essi rischia di vacillare al minimo inciampo sul piano dell’immagine.
Lucarelli, giornalista da anni attivissima sui social e dotata di grandi capacità comunicative, è presente in entrambe le vicende di queste settimane. E’ stata colei che aveva svelato in anticipo il “pandoro-gate“ di Ferragni e pochi giorni fa portava allo scoperto la presunta falsa recensione omofoba e “abilista” del cliente della povera signora Pedretti. Ma dopo il suicidio di quest’ultima è anch’ella finita nel mirino degli hater e una parte dell’opinione pubblica le si è sollevata contro, accusandola di essere l’artefice di frequenti gogne mediatiche ai danni dei malcapitati di turno.
Rischio boomerang dietro l’angolo
Un grattacapo per le aziende nazionali di ogni dimensione. Ha ancora davvero molto senso puntare su influencer e social media per accrescere la propria visibilità e il fatturato? C’è il rischio di un boomerang allorquando l’immagine dei propri testimonial vacilla per una qualche ragione, anche di vita privata.
La stessa Tod’s ammette per bocca di Diego Della Valle che sulla collaborazione con Ferragni deciderà quando la giustizia avrà detto la sua. L’imbarazzo esiste ed è inutile nasconderlo. Se hai stretto un accordo commerciale con una personalità di spicco sui social media in virtù della sua immagine positiva, venuta meno proprio questa risulta complicato portarlo avanti.
Le aziende ripenseranno al loro business sui social media
L’ultimo mese sta portando all’attenzione di stampa e aziende l’opportunità di andarci molto più cauti sui social media e di mostrarsi prudenti sui personaggi che essi sfornano di continuo. Siamo sicuri, ad esempio, che Balocco non potesse spendere meglio quel milione di euro impiegato per il cachet di Ferragni, al netto di come sia andata a finire? Non sarebbe stato più efficace puntare sull’innovazione di prodotto o su una campagna pubblicitaria senza Vip? Pensate che se la stessa vicenda fosse avvenuta senza che ci fosse stata Ferragni in mezzo, non avrebbe avuto per nulla la stessa risonanza. Avremmo letto su qualche giornale della sanzione comminata dall’Antitrust all’azienda dolciaria e ce ne saremmo dimenticati dopo qualche giorno.
I social media offrono una risonanza immediata e diffusa a persone che non l’avrebbero tramite i canali tradizionali. Tuttavia, sono per loro natura poco affidabili, erratici, si prestano alla sovraesposizione e con facilità provocano crisi d’immagine di coloro che fino a poco prima erano considerati beniamini. Inseguirli si rivela una strategia di corto respiro. Non si può impostare un intero business grazie ai post, ai video, alle storie e alle interazioni con i follower. Le aziende ci andranno piano dopo le tristi vicende di queste settimane.