Paura per un ritorno dell’iperinflazione
I “bond notes” servirebbero ad aumentare la disponibilità di valuta nel paese, dopo che per settimane si registrano file davanti alle banche per ottenere valuta pesante da spendere, sempre più rara, considerando il deficit delle partite correnti al 10% del pil. Il peggio è arrivato con il rafforzamento del dollaro USA, che essendo di fatto la principale valuta utilizzata per gli scambi internazionali, sta rendendo l’economia africana sempre meno competitiva.
Emessi per un valore complessivo di 200 milioni di dollari, pari al 4% dell’intero cash circolante nel paese, questi strumenti finanziari non dovrebbero risolvere certo la carenza di valuta pesante, ma semmai stanno scatenando timori tra i cittadini, i quali sono terrorizzati al solo pensiero che la banca centrale possa stamparne ancora, facendo precipitare l’economia nell’iperinflazione ancora freschissima nella memoria collettiva.
Manca la fiducia, moneta già svalutata
Non fidandosi di quello che viene percepito come il primo passo per un ritorno alla sovranità monetaria, per le strade dell’ex Rhodesia, i nuovi strumenti di pagamento non si scambiano affatto a 1:1 contro un dollaro USA, ma si arriva a 3 contro 2, sostanzialmente implicando una svalutazione già di un terzo in un paio di giorni. Qualche trader sostiene che pretenderà 2 “bond notes” contro 1 dollaro, mentre nelle stazioni di servizio, ad esempio, già si trovano cartelli con il doppio prezzo, a seconda che si paghi in dollari USA o in quelli locali, attraverso gli strumenti ideati dal governo. E più salirà il rischio percepito, più i “bond notes” tratteranno a sconto.
Nuova moneta o moneta nazionale che dir si voglia, quindi, non risolve alcun problema, se non c’è fiducia in essa, ovvero in chi la gestisce. E Harare rischia di oscillare tra una moneta eccessivamente forte per un’economia con un tasso di disoccupazione stimato al 90% e una troppo debole, di cui i cittadini tendono a sbarazzarsi come una patata bollente.