La nazione della “siesta”, la tradizionale pausa pomeridiana degli spagnoli, potrebbe presto cambiare volto. Il governo uscente del premier Mariano Rajoy vorrebbe uniformare l’orario di lavoro in Spagna a quello in vigore nel resto dell’Europa. Ad oggi, infatti, nel paese si lavora di solito dalle 9 alle 14 e poi ci si prende una lunga pausa fino alla 16.30, lavorando fino alle 20.00. Si tratta di ritmi molto diversi da quelli sostenuti dai colleghi europei, che lavorano mediamente nella fascia 9-17. La tradizione della siesta ha origini contadine ed era in Spagna il modo degli agricoltori per evitare di lavorare nelle calde ore pomeridiane, quando la temperatura ancora oggi sfonda anche i 40 gradi.
Addio alla siesta
Fatto sta, che il disallineamento tra l’orario di lavoro spagnolo e quello del resto d’Europa arreca più di un danno. Pensate, infatti, a una società che commercia con l’estero, che è costretta anche con i partner della UE a restringere le relazioni nell’arco mattutino, dato che alla ripresa dalla pausa pranzo, gli uffici all’estero si avviano di fatto alla chiusura. Ma le ripercussioni negative della siesta si hanno anche al di fuori del ristretto ambito lavorativo ed economico. E’ un dato di fatto che gli spagnoli escano da lavoro tardi, cenano chiaramente ancora dopo e vanno al letto tardissimo, vivendo un bio-ritmo sregolato con riguardo all’alternanza tra ore di sonno e ore di attività. Oltre tutto, la pennichella pomeridiana aggrava lo squilibrio, con conseguenze negative sulla salute, come dimostrato dalla Nasa, ma anche sulla produttività del lavoro. In Spagna, infatti, risulta mediamente più bassa di quella registrata nelle economie avanzate europee: oltre il 14% in meno che in Germania e il 19% in meno rispetto al Belgio.