Di vedere risalire, se non marginalmente, i rendimenti sui mercati obbligazionari avanzati non c’è speranza per il breve periodo. Le banche centrali si terranno accomodanti da qui al medio termine, con Federal Reserve e BCE a tollerare tassi d’inflazione persino superiori ai rispettivi target. Ed ecco che nasce l’esigenza di guardarsi attorno per approfittare di qualche buona occasione di investimento. Una di queste sarebbe l’obbligazione della Banca Mondiale in rand sudafricani e senza cedola (ISIN: XS1238805102) con scadenza nel maggio 2035.
Quando un bond è cosiddetto “zero coupon”, esita il rendimento unicamente dalla differenza tra il valore di rimborso (100) e quello di acquisto. Pertanto, allo stato attuale questo titolo offre un rendimento dell’8,50%. Livelli altissimi, se considerate che per un bond di durata simile i BTp viaggino all’1,10%, il Bund si collochi al -0,33% e il Treasury americano all’1%.
Ma bisogna fare i conti con il rischio di cambio. Il rand ha perso quest’anno contro l’euro il 19%, attestandosi oggi a un rapporto di 19,51. L’economia sudafricana è stata devastata dal Covid, crollando del 51% nel secondo trimestre. La situazione era complicata già da prima dell’emergenza, con un’economia stagnante da circa un decennio e un debito pubblico in costante ascesa, tanto che le agenzie di rating lo hanno declassato a “junk” o “spazzatura”. Nell’arco degli ultimi 10 anni, il cambio si è indebolito contro l’euro della media di oltre il 4% all’anno.
Obbligazioni emergenti “spazzatura” e che in dollari rendono fin sopra il 17%
Rischio cambio, ma anche opportunità
Questi numeri sono da tenere in considerazione per valutare il possibile rendimento effettivo alla scadenza. Ai ritmi del decennio passato, dovremmo supporre che il rand si deprezzi di oltre il 60% al 2035, per cui quell’8,5% nominalmente offerto si dimezzerebbe.
Va detto che la Reserve Bank of South Africa sta tenendo i tassi d’interesse sopra l’inflazione. Ha tagliato i primi al 3,50%, mentre l’ultima rilevazione dà la seconda al 3,10%. Nel caso di disinflazione, i tassi reali salirebbero e attirerebbero capitali esteri, finendo per rafforzare il cambio. Di conseguenza, l’obbligazionista si ritroverebbe con un bond dal valore superiore a quello di acquisto, grazie al rand più forte. E probabilmente ciò sosterrebbe la domanda, a tutto beneficio delle quotazioni.
Quanto al rischio di credito, esso è nei fatti nullo. La Banca Mondiale è un emittente solido e gode della massima fiducia sul mercato, tanto che le agenzie le assegnano il massimo rating, cioè la tripla A. Semmai, bisogna fare attenzione anche alla possibilità penuria di scambi nel caso in cui si decidesse di rivendere per realizzare qualche plusvalenza o per limitare le perdite. La bassa liquidità tenderebbe ad amplificare gli spread denaro-lettera, che per i contratti odierni sfiorano anche il 6%, denotando una certa difficoltà di incontro tra domanda e offerta ai prezzi desiderati da ciascun lato del mercato.
Bond emergenti favoriti dalla svolta Fed sull’inflazione