La decisione sarebbe stata presa, anche se manca la comunicazione ufficiale, anche perché il momento è delicato sul piano geopolitico. L’Italia aumenterà la spesa per la difesa al 2,5% del Pil, adeguandosi alla richiesta della NATO, come da sollecitazione dell’amministrazione Trump. La svolta per il governo di Giorgia Meloni arriva contestualmente all’invio degli Stati Uniti di un documento tramite il comando NATO, che comunica agli alleati il cambio di leadership in favore del Regno Unito con riferimento alla responsabilità di proteggere l’Ucraina. Dunque, d’ora in avanti il referente su Kiev non sarà più Washington, bensì Londra. Il premier britannico Keir Starmer ha accettato volentieri l’onere dopo avere incontrato il presidente Donald Trump alla Casa Bianca.
Obiettivo NATO per essere credibili
In questo scenario in veloce evoluzione, le chiacchiere non bastano più. Dichiararsi impegnati per giungere a un accordo di pace onorevole tra Ucraina e Russia deve significare anche fare la propria parte in termini di spesa per la difesa. E l’Italia figura nella lista degli stati NATO che meno destina al comparto militare. L’1,57% del Pil è troppo poco per negoziare con i partner europei su un piano almeno paritario e per mostrarsi credibili agli occhi della Casa Bianca.
Più debito e interessi da pagare
L’aumento della spesa per la difesa al 2,5% del Pil implicherebbe per l’Italia stanziare a bilancio circa 20 miliardi di euro in più all’anno, ai valori attuali del Pil. Una cifra consistente, che farebbe lievitare ulteriormente il nostro debito pubblico, già a pochi passi dai 3.000 miliardi di euro a fine 2024. L’annuncio non verrà dato fino a quando ufficialmente l’Unione Europea non comunicherà che le maggiori spese militari saranno scorporate dal computo del deficit ai fini del Patto di stabilità.
Una decisione che verrebbe dopo il prossimo Consiglio europeo, per cui non prima di un mese.
Come abbiamo già scritto sul tema, il semplice fatto che l’UE per qualche anno chiuderà gli occhi dinnanzi all’aumento del deficit, non significa che esso passerà inosservato agli occhi degli investitori. Questa maggiore spesa per la difesa impatterà sul bilancio attraverso il pagamento degli interessi. Stando ai costi di emissione resi noti dal Tesoro per il mese di gennaio, l’onere netto si aggirerebbe intorno al mezzo miliardo per ogni anno. In cinque anni, salirebbe a non meno di 2,5-3 miliardi. A meno, chiaramente, che il governo non riduca altre voci di bilancio per compensare almeno in parte la maggiore spesa militare. Non sembra un’ipotesi assai probabile.
Spesa per difesa stimolo per economia italiana
Poiché questo sarà verosimilmente lo scenario, piaccia o meno, all’interno dei maggiori stanziamenti sarà importante puntare su quelle voci che possano stimolare la crescita economica. Spesa per la difesa non significa solamente stipendi per militari e qualche carrarmato. Parliamo di tecnologie, di sistemi di difesa, ricerca e sviluppo. Da quel punto in più di Pil può passare il potenziamento degli investimenti per l’innovazione.
A chi lamenta che si tratterebbe di denaro sottratto ai servizi pubblici come scuola e sanità, dovremmo spiegare che la difesa del welfare passa anche per un ruolo geopolitico attivo e dinamico dell’Italia nel mondo. Senza sicurezza dalle minacce esterne non ci sarebbero ospedali e scuole. E finora a pagare sono stati gli alleati americani. Da oggi noi europei dovremo fare da soli. Ciò ci porterà con il tempo ad essere meno dipendenti da zio Sam.