Non è l’estate dei record che tutti pensavamo fino a qualche mese fa, ma neppure questo pauroso flop di cui la stampa parla come se il turismo in Italia fosse morto. I numeri di quest’anno ci riporteranno al 2019, l’anno prima del Covid, quando segnarono il massimo storico di presenze. Molto probabile che non riusciremo a superarli, ma questa non è una tragedia. Dall’estero gli stranieri in arrivo aumentano, mentre molti connazionali stanno visitando località oltreconfine, magari dopo essere stati per anni a casa o nelle sue vicinanze a causa della pandemia.
Inflazione da decenni sopra buste paga
I rincari ci sono stati, da ombrellone e sdraio nei lidi ai menù di bar e ristoranti, dal biglietto aereo agli alberghi. E’ l’effetto di un’inflazione che così alta non si vedeva da una quarantina di anni nel mondo occidentale. Questo è un angolo di osservazione, poi ne esiste un altro: non è che guadagniamo poco? L’Italia ha stipendi bassi e a dirlo sono le classifiche internazionali. L’OCSE ci conferma che siamo stati l’unico paese del mondo ricco ad avere registrato un calo reale in busta paga tra il 1990 e il 2020 (-2,8%). Significa che le retribuzioni in trenta anni sono cresciute meno dell’inflazione.
Dopo il 2021 le cose sono andate e stanno andando assai peggio. L’anno scorso l’inflazione è stata in media dell’8,1%, mentre gli stipendi sono aumentati meno dell’1%. Nei primi mesi dell’anno, stessa dinamica: inflazione più alta degli aumenti retributivi di quasi il 7,5%. Altrove sta accadendo qualcosa di simile, ma in misura meno marcata. Addirittura, in Francia gli stipendi stanno reggendo il passo con l’aumento dei prezzi al consumo.
Estate 2023 svela arcano bassa crescita
Ma questo suo essere “cheap” dipende proprio dagli stipendi bassi dei lavoratori. Fate un confronto tra le buste paga dei nostri camerieri, banconisti, bagnini, cuochi, pizzaioli, addetti alle pulizie, ecc., con quelle dei colleghi di paesi come Francia e Germania e capirete. Non è un caso che negli anni fino al Covid l’Italia dovette fare affidamento alle esportazioni per crescere. La domanda interna era asfittica per via proprio degli stipendi bassi e della contestuale alta disoccupazione. Con pandemia e guerra il quadro è parzialmente cambiato: le esportazioni a tratti hanno subito un tracollo tra lockdown ed embarghi, mentre la domanda interna è stata foraggiata dagli abbondanti sussidi in deficit elargiti dallo stato.
Ci eravamo illusi che i consumi nazionali fossero tornati a salire per magia. Avevamo ignorato l’ostacolo più grande, ovverosia gli stipendi bassi. C’è un problema di base che risiede nella bassa produttività di molte imprese italiane, specie quelle di minori dimensioni, che si riflette in busta paga. Ma c’è anche un nervo scoperto di cui stiamo avendo tutti consapevolezza proprio questa estate e che ha a che vedere con le numerose corporazioni chiuse al mercato e che non accettano la concorrenza. Che si tratti di tassisti e di gestori dei lidi, solo per limitarci a due esempi lampanti di queste settimane, entrare in questi mercati è impossibile per i divieti normativi fissati dallo stato. Risultato: prezzi alti, servizi non sempre eccelsi e scarsa dinamicità economica con conseguente sotto-occupazione.
Stipendi bassi legati a problemi strutturali
Se i prezzi continuano a salire più delle buste paga, inevitabile che o gli italiani rinuncino alle vacanze o scelgano destinazioni sempre più economiche in patria o all’estero.
Torniamo a quanto detto prima. L’Italia ha una ricchezza rappresentata dalla miriade di piccole e medie imprese. Queste, però, non sempre hanno mezzi e conoscenze per stare sul mercato globale in termini competitivi. Ciò deprime la crescita dell’economia e tiene gli stipendi bassi. Serve ripensare al sistema Italia senza retorica, facili scorciatoie e non facendosi risucchiare dagli interessi corporativi, ancorché legittimi. Il rischio è che di estate in estate sulle nostre spiagge la lingua italiana finisca per scomparire.