La prima seduta dei mercati finanziari dopo l’insediamento del governo Meloni è stata positiva. Indici azionari in rialzo e spread BTp-Bund in deciso calo. Così possiamo riassumere la reazione degli investitori, sebbene dietro ai movimenti vi siano state notizie perlopiù esterne all’Italia. Il rendimento decennale è sceso sotto 4,60% dal 4,77% di venerdì scorso. E il differenziale con il Bund di pari durata è diminuito fino a 225 punti base o 2,25%, vale a dire al livello più basso da un mese a questa parte.
E’ evidente che l’insediamento del governo Meloni sia stata una non notizia. Era scontata dopo il voto, anzi già in campagna elettorale non sembravano esservi dubbi sulla vittoria del centro-destra. Ad ogni modo, il calo dello spread di ieri può considerarsi simbolicamente positivo per il governo che succede a quello di Mario Draghi. Vi hanno influito notizie dall’estero.
Tre notizie influenti sullo spread
La prima è arrivata dagli USA, dove sin dalla giornata di venerdì il mercato specula su una possibile prosecuzione del ciclo rialzista dei tassi d’interesse della Federal Reserve a ritmi più lenti di quanto sinora previsto. Il costo del denaro dovrebbe salire al 5% entro i primi mesi del nuovo anno, ma c’è chi inizia a scommettere che, complice il ripiegamento del mercato immobiliare, la FED si fermi prima. E così il T-bond a 10 anni è sceso da un massimo del 4,33% a un minimo del 4,20%.
E la seconda notizia è stato l’ingresso di Rushi Sunak a Downing Street. Quasi scontato dopo le dimissioni di Liz Truss, ma la sorpresa di ieri è stata il ritiro dell’unica sfidante alle primarie del Partito Conservatore, Penny Mordaunt. Il primo premier britannico non bianco e di origini indiane si trova a gestire una difficile congiuntura fiscale ed economica, ma ha dalla sua la credibilità conquistatasi sui mercati nei due anni e mezzo in cui ha ricoperto l’incarico di cancelliere dello Scacchiere.
Infine, dati PMI in netto calo ad ottobre nell’Eurozona. Preoccupa il manifatturiero, sceso ben sotto la soglia dei 50 punti, spartiacque tra recessione ed espansione dell’attività economica. Più difficile per la BCE non tanto alzare i tassi d’interesse al board di dopodomani, quanto di eliminare o ridurre i reinvestimenti in bond con il “quantitative easing”.
Rischio sovrano legati ai tassi BCE
Insomma, lo spread si restringe perché il mercato sconta una frenata futura del ciclo monetario restrittivo. Il caos finanziario a Londra sembrerebbe rientrare, mentre lo scenario più estremo sui tassi FED forse si starebbe allontanando. Condizionale d’obbligo, soprattutto nel secondo caso. L’inflazione americana è tutt’altro che domata e l’economia non mostra segni concreti di imminente recessione, con un mercato del lavoro ancora in piena occupazione.
Come più e più volte vi abbiamo spiegato, i movimenti dello spread, al netto delle tensioni politiche italiane, risentono molto delle condizioni esterne che si vengono a creare sui mercati per dinamiche sfuggenti al nostro controllo. Più c’è la percezione che il costo del denaro salirà, minore la sostenibilità attesa per il debito pubblico italiano. Viceversa, il rischio sovrano è percepito meno alto e tornano gli acquisti dei BTp.