Dopo un lunedì, tutto sommato, ordinario sui mercati finanziari, nonostante l’annuncio delle dimissioni del premier Matteo Renzi, a seguito del trionfo del “no” al referendum costituzionale, la seduta di ieri a Piazza Affari è stata a dir poco imbarazzante per quanti nelle settimane scorse avevano profetizzato un’ondata di cavallette per il caso di bocciatura delle riforme istituzionali. Non solo gli investitori sembrano avere metabolizzato del tutto l’esito del voto, ma la borsa milanese ha chiuso ieri con un balzo del 4% e ai massimi dal referendum britannico sulla Brexit.
Nel frattempo, il mercato dei titoli di stato italiani sembra intonato positivamente: i rendimenti decennali dei BTp sono scesi sotto il 2% all’1,96%, mentre lo spread BTp-Bund a 10 anni è inferiore ai 160 punti base e le distanze con i Bonos spagnoli si attestano adesso in area 45 bp, in calo dai 50-55 bp delle settimane scorse.
Davvero un male per i mercati l’addio di Renzi?
Che cosa sta accadendo? Ieri, un nostro articolo spiegava come il funzionamento dei mercati finanziari possa condurre a risposte apparentemente paradossali agli eventi. Prima del referendum sembrava esserci il panico alla sola ipotesi di una caduta del governo Renzi, dopo che ciò è avvenuto, c’è quasi aria di festa in borsa. (Leggi anche: Spread, rendimenti BTp stabili: come mai niente panico?)
Il paradosso si può spiegare sia come frutto di prezzi dei nostri assets già troppo bassi e divenuti appetibili, sia anche, però, come il risultato di una riflessione più profonda da parte dei detentori dei capitali. In molti si saranno chiesti negli ultimi giorni, se siamo davvero così convinti che l’uscita del premier da Palazzo Chigi sia un male per l’Italia.