Scende a 100 punti base lo spread tra BTp e Bund a 10 anni, il livello più basso da inizio luglio. Nella mattinata di oggi, il rendimento decennale italiano è dello 0,72%, ai minimi dall’8 aprile scorso. Siamo ben sotto i massimi toccati nel maggio scorso sopra l’1,10%. Sembra una fase positiva per i nostri titoli di stato. Il miglioramento delle stime di crescita per l’economia italiana da parte della Commissione europea starebbe giocando un ruolo importante. Il PIL reale dovrebbe aumentare del 5% quest’anno e del 4,2% nel 2022.
Ma ieri è arrivato il dato sull’inflazione USA a giugno: +5,4% annuo dal +5% di maggio. Siamo ai massimi da agosto 2008. Il dato “core”, al netto di generi alimentari e prodotti energetici, è salito dal 3,8% al 4,5%, ai massimi dal 1991. Gli analisti si aspettavano una stabilizzazione in area 5%. A trainare l’indice c’è stata l’esplosione dei prezzi delle auto usate: +45,2% su base annua. La carenza di nuovi veicoli, provocata dalla crisi dei chip, avrebbe spostato la domanda a favore del mercato dell’usato, pesando per una percentuale rilevante dei rincari.
Inflazione USA ed effetto Draghi sullo spread
Il boom dell’inflazione americana si accompagna a rendimenti stabili per i Treasuries. Il bond USA a 10 anni offre oggi un rendimento dell’1,40%, quello a 30 anni del 2,02%. Il mercato obbligazionario non sta scontando alcun rialzo dei tassi imminenti. Da un lato, questo tiene bassi i rendimenti americani, dall’altro essi sprofondano ulteriormente in termini reali. E inevitabilmente ciò accresce l’appeal di bond come i BTp, che offrono i rendimenti più alti dell’Eurozona.
Gli stessi investitori italiani stanno trovando più conveniente restare in patria. L’inflazione italiana è salita molto meno velocemente che altrove, attestandosi all’1,3% a maggio e giugno. In termini reali, le scadenze sopra i 20 anni iniziano ad offrire rendimenti netti reali positivi, un fatto che non esiste ancora presso gli altri mercati sovrani avanzati.