Lo spread tra BTp e Bund è sceso ormai in area 185 punti, ai minimi dal maggio scorso. Il BTp a 10 anni in Italia offre un rendimento sotto il 3,70%. Stava al 4,90% un mese fa. C’è un clima di minori tensioni sul nostro debito pubblico. I primi passi del governo Meloni sono andati nella direzione auspicata dai mercati finanziari: prudenza fiscale e sostegni mirati a famiglie e imprese. Ma c’è in questo momento un altro spread ad attirare le attenzioni di chi investe e a seminare qualche preoccupazione.
In particolare, ieri il Bund a 10 anni rendeva circa 1,82% contro il 2,06% della scadenza a 2 anni. Non dovrebbe andare così di solito. I rendimenti dovrebbero essere crescenti lungo la curva. Quando avviene il contrario, generalmente ciò diventa il presagio di una futura recessione attesa per l’economia. Rendimenti a lungo più bassi dei rendimenti a breve segnalerebbero che il mercato si aspetti un taglio dei tassi. E questo si ha quando c’è aria di crisi.
Significato di spread negativo
Non esistono automatismi. Ad esempio, nello stato attuale abbiamo una Germania con un’inflazione a doppia cifra, ma che verosimilmente nei prossimi anni tornerà alla stabilità dei prezzi. Pertanto, il mercato sconta tassi BCE in aumento da qui al breve periodo e un loro abbassamento nel medio-lungo termine, in quanto le aspettative d’inflazione a lungo restano basse. Sui dieci anni, risultano attestarsi in area 2,15%. Ma è anche vero che l’economia tedesca starebbe avviandosi alla recessione, come prevedono le istituzioni internazionali e della stessa Germania.
Lo spread negativo tra decennale e biennale non porterebbe buone notizie.
Da notare, poi, come lo spread tedesco sia diventato negativo rapidamente. Non era ancora pensabile fino a poche settimane fa. La percezione sarebbe, quindi, di un deterioramento veloce dell’economia tedesca tra caro bollette e strozzature in fase di produzione. Da notare, infine, che il Bund a 10 anni, un benchmark per l’area intera, si sia ritirato dal 2,45% a cui era arrivato in ottobre. E’ accaduto anche ai T-bond, pur a fronte di tassi reali molto meno negativi e di un’economia americana in espansione.