Posizioni ribassiste contro i titoli di stato italiani per 39 miliardi di euro, ai massimi dal 2008. E fanno sentire i loro effetti in maniera particolare ad agosto, mese caratterizzato da bassi volumi di scambi per via del clima vacanziero che si respira anche sui mercati finanziari. Ma la speculazione non va mai in ferie, come segnala il BTp a 10 anni schizzato al 3,80% a inizio settimana. Il rendimento non era stato così alto sin dagli inizi del 2014, oltre otto anni e mezzo fa, fatta eccezione per i massimi di oltre il 4% toccati a giugno di quest’anno.
BTp a 10 anni giù, c’entra la BCE
Se guardate il grafico del Bund decennale, vi accorgerete che il suo rendimento in agosto è praticamente raddoppiato, portandosi fino a 1,50%. Fatta sempre eccezione per il mese di giugno, si tratta di massimi dal 2014. Il BTp a 10 anni sta salendo nelle ultime sedute non già per l’aumento del rischio sovrano percepito – sostanzialmente stabile, stando ai CDS a 5 anni – quanto per la tendenza rialzista dei rendimenti che si registra nell’Eurozona e che sta riguardando stavolta anche i titoli di stato tedeschi.
A cos’è dovuta? Il mercato obbligazionario si aspetta che la BCE alzi i tassi di almeno lo 0,50% al board dell’8 settembre e non esclude un +0,75%. A dirla tutta, esiste anche la possibilità che annunci la sospensione dei reinvestimenti effettuati con il “quantitative easing”. Un modo per drenare liquidità sui mercati per arrestare la folle corsa dell’inflazione. Tutto ciò si riflette negativamente sui bond, con il risultato che il BTp a 10 anni si avvicina alla soglia del 4%.
Spread tenuto sotto controllo
Senza il sostegno della BCE, va riconosciuto che i livelli dello spread sarebbero verosimilmente molto superiori a quelli attuali.
A questi livelli di rendimento, il BTp a 10 anni appare allettante. L’ISTAT ha stimato un’inflazione IPCA, cioè al netto dei prodotti energetici importati, al 2,6% per il 2023 e all’1,7% per il biennio successivo. Stando a queste stime, il rendimento decennale italiano riuscirebbe già nei prossimi anni a rivelarsi positivo in termini reali. E il discorso varrebbe anche al netto della tassazione sui titoli di stato. Insomma, non fosse per il rischio di volatilità sarebbe un investimento praticamente perfetto per impiegare la liquidità senza imbattersi in alcun rischio reale di credito.