Ieri, l’Eurostat ha pubblicato il dato sull’inflazione a giugno nell’Area Euro, sceso all’1,9% dal 2% di maggio. La componente che ha registrato il maggiore rialzo è stata ancora una volta quella energetica: +12,5% su base annua, ma anche in questo caso in rallentamento dal +13,1% del mese precedente. Per spread e rendimenti dei BTp si è trattato nel complesso di buone notizie. In Italia, l’inflazione a giugno è rimasta tendenzialmente invariata all’1,3%. In Francia, è salita dall’1,4% all’1,5%, mentre è scesa in Germania dal 2,5% al 2,3% e in Spagna dal 2,7% al 2,6%.
Lo spread BTp-Bund a 10 anni è tornato sopra quota 100 punti base da inizio aprile, cioè da quando il mercato obbligazionario ha iniziato a scontare un atteggiamento meno espansivo della BCE per i mesi successivi. E di fatto, a marzo l’inflazione era tornata sopra l’1%. Era al -0,3% solamente tre mesi prima. Un’inflazione in veloce crescita spinge i rendimenti dei bond in alto per due ragioni: in primis, perché essi devono scontare una maggiore perdita del potere d’acquisto; secondariamente, perché aumentano le probabilità di un rialzo dei tassi e, più in generale, di ritiro degli stimoli monetari.
Ma i dati di giugno allentano i timori del mercato. L’inflazione nell’unione monetaria potrebbe avere raggiunto il picco al minimo cenno di stabilizzazione delle quotazioni petrolifere o, comunque, non dovrebbe accelerare verso livelli così superiori al target della BCE. In buona sostanza, ai prossimi board dell’istituto il tema del taglio degli stimoli si farà un po’ meno pressante. Lo scenario di per sé non muta per il breve e medio termine. Era sostanzialmente scontato che dopo mesi di corsa incessante, l’inflazione si sarebbe stabilizzata o avrebbe persino iniziato a ripiegare. Forse, però, ciò è arrivato con qualche mese di anticipo.
E la prospettiva di una BCE non più costretta a correre ai ripari per contenere l’inflazione dovrebbe sostenere l’appetito degli obbligazionisti per i BTp.