Mattinata di attesa per il varo di questo pomeriggio della legge di Bilancio 2024. Ufficialmente, sarebbe la seconda a portare la firma del governo Meloni, almeno a fine iter di approvazione. Nella realtà, questa è la prima manovra finanziaria dell’esecutivo di centro-destra. Il mercato lancia qualche segnale di tensione. Lo spread tra BTp e Bund a 10 anni resta sopra 200 punti base, con il rendimento decennale italiano in area 4,80%. Tenete presente che il Bonos di pari durata della Spagna non arriva stamattina al 3,90%.
Legge di Bilancio 2024, nodo deficit
Cosa preoccupa gli investitori? Con l’approvazione della Nota di Aggiornamento al DEF, il governo ha innalzato il deficit per il triennio 2023-2025 di complessivi 23,5 miliardi di euro. L’economia italiana rallenta, mentre il rapporto tra debito pubblico e PIL rischia di non scendere più. In ogni caso, lo farà molto lentamente nel prossimo biennio. Tant’è che il Fondo Monetario Internazionale ha chiesto a Roma “maggiore ambizione” sulla riduzione del grado di indebitamento.
Il governo Meloni si trova tra l’incudine e il martello. Da un lato, deve necessariamente tenere conto delle valutazioni dei mercati, delle agenzie di rating sempre più minacciose e dell’Unione Europea sui conti pubblici. Dall’altro, non può procedere con una politica di austerità fiscale nel bel mezzo di un rallentamento mondiale con riflessi negativi anche sul PIL italiano. Nella legge di Bilancio di oggi, pertanto, cercherà di mediare tra opposte esigenze e cercherà di lanciare segnali rassicuranti ai mercati puntando sulle privatizzazioni. Obiettivo: incassare almeno 20 miliardi di euro.
Spread non allarmante, ma c’è tensione sull’Italia
Lo spread sopra 200 punti non è in sé allarmante. Ricordiamo che all’insediamento a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni lo trovò a 250 punti. Certo, rifinanziare il debito pubblico con rendimenti così alti diventa un problema.
La legge di Bilancio sarà verosimilmente sui 22-23 miliardi, di cui 10 per confermare il taglio al cuneo fiscale, 4 per ridurre la seconda aliquota Irpef al 23%, il resto per le spese improrogabili. Il sostegno alla crescita, nella visione del centro-destra, passa per l’abbattimento della pressione fiscale. Mancano le liberalizzazioni, sebbene qualcosina si stia tentando di fare sui taxi. Su tutto incombe la spada di Damocle dei bonus edilizi, il cui conto sale di mese in mese e che divora risorse preziose del bilancio statale.