Seduta no a Piazza Affari, dove a metà giornata di contrattazioni l’indice FTSE MIB perde poco più dell’1%, scendendo a circa 33.810 punti. Pesa lo stacco dei dividendi da parte di ben dieci società (Banca Mediolanum, Banco BPM, ENI, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Poste Italiane, Recordati, Tenaris, Terna e Unicredit), oltre a Danieli&C e Daniele&C risp. tra le MidCap, Banca Ifis, d’Amico Int. Shipping, Equita Group e Mondadori tra le Star, Immsi nell’Euronext e ABP Novicelli per l’Euronext Growth Milan.
Remunerazione, specie per azionisti stabili
I dividendi sono quote di utili maturati in riferimento a un esercizio intero o parti di esso. La loro distribuzione permette agli azionisti di ottenere una remunerazione derivante dall’investimento in forma per l’appunto di partecipazione ai profitti. Pensate, in particolare, agli azionisti stabili, coloro che acquistano il titolo di una società per mantenerlo a lungo in portafoglio. Hanno diritto ad una remunerazione, sebbene questa sia marginale e persino snobbata dalla massa degli azionisti che comprano con l’obiettivo di rivendere subito dopo per realizzare una plusvalenza.
Perché lo stacco dei dividendi pesa negativamente sull’indice azionario? Il dividendo è distribuito dalla società in forma di pagamento per ciascuna azione posseduta. Ad esempio, Banco BPM riconosce oggi 0,40 euro per ogni azione. Questa prezzava 6,966 euro al termine della seduta di venerdì scorso. Pertanto, l’azionista otterrà un rendimento del 5,74% nel caso avesse acquistato a quel prezzo. Fino al giorno del pagamento, all’azionista non conviene rivendere il titolo, altrimenti perderebbe il diritto a percepire il dividendo. Esso spetta, infatti, solamente a chi possiede le azioni fisicamente.
Dividendi pesano su FTSE MIB
Vero è, d’altra parte, che i prezzi delle azioni tendano a salire man mano che si avvicina la data di stacco dei dividendi, proprio in previsione del pagamento. Una volta che questo avviene, chi voleva rivendere, finalmente può farlo.