Rendimenti bond ancora bassissimi
Lo stesso “break-even” tra rendimenti dei Treasuries a cedola fissa e quelli legati all’inflazione per la scadenza a 5 anni resta a livelli contenuti, ovvero all’1,54%, in rialzo di appena lo 0,26% rispetto a un mese fa. Si tratta di un differenziale monitorato dal mercato per stimare l’inflazione attesa in un arco di tempo medio.
Le aspettative si starebbero surriscaldando, ma di poco e al di sotto del target del 2% della Federal Reserve. Gli stessi rendimenti “glaciali” dei bond pubblici e privati segnalerebbero aspettative molto fredde sulla crescita dei prezzi. Ma allora quella di BofA è stata una “boutade”? Non esattamente. Per quanto l’istituto americano abbia precisato che non si tratterebbe di un rischio elevato, eppure esiste. E ancora una volta, seguendo quanto accade sul mercato, potrebbe essere il mercato del petrolio a provocare una nuova ondata di stagflazione.
Quotazioni petrolio verso un nuovo rally?
Alzi la mano chi si attendesse due anni fa il crollo delle quotazioni di oltre il 70%? Eppure, l’eccesso di offerta era prevedibile, dati i ritmi delle estrazioni di greggio dai pozzi. Chi ci impedisce di pensare che i livelli dei prezzi attuali non possa portare presto a un problema opposto, ovvero alla chiusura di numerose attività estrattive, tale da ridurre eccessivamente l’offerta e da provocare un rimbalzo vigoroso delle quotazioni? In poche settimane, tra la fine di gennaio e la metà di marzo, queste sono cresciute già del 50%, anche se il rally sembra essersi arrestato. In precedenti articoli, vi abbiamo chiarito come sarebbe altamente improbabile che le quotazioni riescano a sfondare stabilmente quota 40-45 dollari. Immaginiamo, però, per un attimo che si abbia un assorbimento dell’eccesso di offerta, vuoi per una domanda migliore delle attese, vuoi anche per un calo della produzione più marcato negli USA e/o al taglio concordato tra i membri dell’OPEC.