Statali, in pensione a 62 anni fra miraggio e realtà

Pensione a 62 anni per gli statali, lo scivolo del ministro Brunetta per svecchiare la pubblica amministrazione.
4 anni fa
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Dipendenti pubblici demotivati in pensione a 62 anni: attenzione a non cadere nello scivolo Brunetta!
Dipendenti pubblici demotivati in pensione a 62 anni: attenzione a non cadere nello scivolo Brunetta!

I dipendenti pubblici potrebbero lasciare il lavoro e andare in pensione a 62 anni. E’ questo uno dei pilastri su cui ruota la riforma della pubblica amministrazione concepita dal neo Ministro Renato Brunetta.

In questi giorni si sta infatti discutendo della possibilità di svecchiare il pubblico impiego. L’età media dei dipendenti pubblici, infatti, è un record tutto italiano che tocca la media di 53,5 anni. Il tutto mentre milioni di giovani sono disoccupati.

Statali in pensione a 62 anni

Un ricambio sarebbe necessario anche solo per il fatto che l’informatizzazione degli uffici e la digitalizzazione delle procedure richiede risorse fresche.

Molti dipendenti pubblici, purtroppo, non riescono a tenere il passo coi cambiamenti e ne va dei servizi offerti al cittadino.

A cominciare dai dirigenti, spesso 60 enni legati ancora ai vecchi regolamenti e alle scartoffie, che manco sanno usare un pc o una stampante. Non per colpa loro, intendiamoci, ma se il problema parte dai vertici, figuriamoci come si muovono i vari uffici sottoposti. In pensione a 62 anni quindi?

Sarebbe un toccasana per tutti. Nella scuola, poi, ci sono insegnati che non sanno utilizzare bene la strumentazione per la didattica a distanza. Mentre in molti Comuni si battono ancora le lettere a mano e si inviano per raccomandata perché non si sa utilizzare la posta elettronica.

Incentivo all’esodo

Quello che serve è quindi un ricambio generazionale di grande portata. Alla base occorre però permettere agli statali di andare in pensione a 62 anni. Brunetta parla di incentivo all’esodo, ma non specifica come.

Dopo quota 100 (terminerà il 31 dicembre 2021) si sta valutando una riforma che permetta comunque di evitare lo scalone con i requisiti di vecchiaia (67 anni di età). Si sta pensando comunque di mantenere fermo il requisito anagrafico previsto per quota 100 e cioè i 62 anni di età, ma con penalizzazione.

Posto che si voglia mantenere in piedi quota 100 (pensione a 62 anni di età e 38 di contributi), è necessario che vengano apportate delle penalizzazioni sul calcolo dell’assegno.

Impensabile, infatti, che si possa lasciare il lavoro anzitempo diversamente senza soldi sufficienti per le coperture.

Pensione statali sono col contributivo

Brunetta no lo dice, ma è evidente che, stando l’elevatissimo debito pubblico italiano e l’insostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo, non si potrà fare altrimenti. Soprattutto nel pubblico impiego dove gli aventi diritto ad andare in pensione a 62 anni sarebbero tanti e il costo per le casse dello Stato insostenibile.

Così potrebbe prendere piede l’idea di concedere il pensionamento anticipato se il lavoratore decidesse di accettare la liquidazione della pensione a 62 anni interamente (o quasi) con sistema contributivo. Oggi si va in pensione più che altro col sistema misto che prevede il calcolo della pensione col sistema retributivo per gli anni di contributi versati prima del 1996.

Il meccanismo sarebbe quello già sperimentato per opzione donna e che ha visto un buon accoglimento soprattutto nel comparto scuola e sanità.

Lo scivolo pensione a 62 anni

Tuttavia, secondo alcune indiscrezioni di stampa, il ministro Brunetta starebbe lavorando anche sulla possibilità di uno “scivolo” per la pensione a 62 anni, con un incentivo volontario all’esodo. Il piano dovrebbe essere finanziato anche con i soldi per il Recovery Plan.

In questo caso non vi sarebbero penalizzazioni e la pensione sarebbe calcolata con le regola attualmente in vigore. Tuttavia non tutti i dipendenti pubblici potrebbero rientrare. Si pensa già di individuare alcune categorie particolarmente meritevoli dello scivolo pensionistico.

Ci sono professionalità nell’amministrazione pubblica – dice il presidente dell’Anief Marcello Pacifico –  a partire dal personale scolastico, particolarmente esposte a problemi di salute e sicurezza troppo alti, il cui operato deve essere collocato tra i lavori gravosi.

Si tratta di dipendenti statali che già devono fare i conti con le conseguenze del burnout, tra l’altro per avere convissuto con un rischio biologico molto superiore ad altre categorie ma non riconosciuto dallo Stato. Non possono pure essere lasciati in servizio fino a 70 anni di età, magari dopo 40 e più anni di contributi versati”.

In questo caso, quindi, non ci sarebbe alcuna penalizzazione della pensione a 62 anni. Si tratterebbe, in buona sostanza, di un allargamento dell’Ape Sociale che è ciò che ha sempre raccomandato anche il presidente dell’Inps Pasquale Tridico suggerendo maggiore flessibilità in uscita.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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