Nuovo capitolo per la crisi aziendale di Stellantis. Il presidente John Elkann rifiuta la convocazione della Commissione Attività produttive della Camera, sostenendo che non avrebbe senso recarsi in Parlamento. Non ci sarebbero novità rispetto all’audizione di poche settimane fa tenuta dal suo Ceo, Carlo Tavares. Il mondo politico è esploso con un fronte comune di maggioranza e opposizioni contro l’atteggiamento dell’imprenditore. Pur con accenti diversi – stranamente, il più morbido è stato Giuseppe Conte – tutti gli esponenti di partito hanno rimarcato l’arroganza del gesto e chiesto chiarimenti urgenti sul futuro della casa automobilistica, in affanno un po’ su tutti i mercati.
Tutti contro Elkann
Il presidente della Commissione, il leghista Alberto Gusmeroli, ha rinnovato l’invito, sentendosi ringraziare niente di meno che dalla segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. Dopo la sconfitta inattesa in Liguria, anche il centro-sinistra sembra avere abbandonato la linea di riverenza nei confronti del proprietario di Repubblica e La Stampa. Non ha portato alcun beneficio essersi sdraiati negli anni passati sulle posizioni di una famiglia del capitalismo italiano, che dimostra di non avere interesse per il Bel Paese.
Stupisce, comunque sia, lo stupore dei politici. Non c’è nulla di nuovo in questo atteggiamento di Elkann, in perfetta continuità con quello che è sempre stato il modus operandi della famiglia, snob con il piattino sempre in mano. Non si calcolano i sussidi elargiti dallo stato italiano nei decenni in favore dell’ex Fiat. Eppure, la politica nazionale – tutta, da destra a sinistra – si sperticò in lodi stucchevoli verso l’allora manager Sergio Marchionne, mentre smantellava l’azienda per spostare tutto all’infuori del mercato italiano. Ancora oggi lo si celebra come un genio assoluto. Lo fu sul piano strettamente finanziario. Ma se siamo arrivati a questo punto, lo si deve anche al compianto amministratore delegato, capace di acquisire l’americana Chrysler e al contempo depotenziare la produzione in patria senza alcuna innovazione di prodotto.
Gli errori della Seconda Repubblica
Badate bene, questa reverenza la politica italiana non ce l’ha avuta soltanto con gli Elkann/Agnelli. Il fenomeno del “crony capitalism” ha assunto da noi connotati di grave patologia, degenerati con la Seconda Repubblica. Se durante la Prima i rapporti di forza erano più o meno equilibrati, con l’indebolimento della classe politica negli ultimi trenta anni si sono sbilanciati decisamente in favore delle grandi famiglie con capitali perlopiù ereditati, quasi sempre a caccia di rendite di posizione o di tutela di queste ultime.
Gli errori sono stati anche recentissimi e persino commessi da insospettabili come Mario Draghi, che da premier benedisse nel 2021 l’integrazione con Peugeot. La politica a Roma finse di non comprendere che non si sarebbe trattato di un matrimonio alla pari, bensì di un’acquisizione nei fatti di Fiat Chrysler da parte dei francesi. Nessuno mosse un dito in Parlamento per sottolineare che nel capitale della nascitura Stellantis ci sarebbe stato niente di meno che lo stato francese, in conseguenza di una quota già detenuta in Peugeot.
Capitalismo mordi e fuggi, nessuna novità
Elkann ha commesso l’ingenuità di palesare quello che è stato scontato per decenni: la politica deve limitarsi a sborsare lauti sussidi alle grandi aziende senza fiatare. Solo così si spiega l’arroganza dello stesso Tavares, un manager portoghese arrivato a Roma ad insultare l’intelligenza di chi lo ascoltava in Commissione. Ha spiegato che la produzione di auto in Italia non può crescere a causa della bassa produttività, dovuta agli alti costi dell’energia. Come se non lo sapesse quando aveva promesso fino a pochi mesi prima al governo che avrebbe alzato la produzione domestica a 1 milione di vetture all’anno.
Dovremmo realmente auspicare che la politica abbia preso coscienza di essere stata trattata da tirapiedi da un gruppo di capitalisti mordi e fuggi dediti all’assalto alla diligenza e niente più. In base ai precedenti, viene il dubbio che voglia semplicemente rifarsi il trucco dinnanzi a una cittadinanza sconcertata di tanta scarsa avvedutezza. Il quasi azzeramento del fondo pluriennale da 4,6 miliardi in favore dell’automotive è una buona notizia. Non si può immaginare di spendere quattrini dei contribuenti per finanziare l’acquisto di auto made in China o fabbricate in Polonia, Serbia, ecc. Né di ricevere al massimo la rassicurazione che gli stabilimenti esistenti non vengano chiusi, mentre in Francia si costruiscono giga-factory plurimiliardarie e a Mirafiori si investono gli spiccioli rimasti in tasca.
Elkann in Commissione sarà inutile
In audizione Elkann non dirà nulla di concreto, se non che tiene all’Italia e che la crisi è causata dalla transizione verso le auto elettriche, reclamando aiuti urgenti per venderle. Per fortuna gli italiani, a differenza dei loro politici, non hanno l’anello al naso. Stellantis è oramai tra terza e quarta casa automobilistica per vendite sul mercato domestico. Fino a pochi mesi fa, era rimasta sempre prima in oltre un secolo di rilevazioni. E davanti ci sono colossi europei come Volkswagen. La conferma che a mancare non siano i sussidi, bensì prodotti di qualità e a prezzi abbordabili per le famiglie. Perché mai lo stato dovrebbe incentivare la produzione di veicoli senza domanda e che creerebbero posti di lavoro all’estero, mentre ai contribuenti italiani spetta solo di pagare la cassa integrazione ordinata da Tavares e capo?
Soltanto Conte , l’avvocato del popolo, ha avuto toni morbidi perché è il peggior politico della storia repubblicana appena sotto Renzi ma tra non molto spariranno anche loro.