Mentre Elon Musk ha messo da tempo nel mirino il premier britannico Keir Starmer, il presidente americano ha preso tutta un’altra strada. Nei giorni scorsi, ha dichiarato di andare d’accordo con l’inquilino di Downing Street e ha espresso in maniera esplicita l’intenzione di lasciare il Regno Unito fuori dalla guerra dei dazi in corso. E la sterlina ha rivisto quota 1,25 contro il dollaro, sebbene i massimi di 1,34 toccati nel settembre scorso restino lontani. Ma forse sarà solo questione di tempo.
Import/export con USA vantaggio per sterlina
L’economia britannica ha registrato nel 2024 un deficit commerciale con gli Stati Uniti nell’ordine di quasi 12 miliardi di dollari.
Ma il dato fa riferimento alle sole merci. Se guardiamo ai servizi, l’anno prima aveva segnato un avanzo di circa 86 miliardi di dollari al cambio odierno. Per Donald Trump, tuttavia, non sarebbe un problema. Quando egli parla di “bilancia commerciale”, la sua ossessione è più che altro per le merci. La ragione è semplice: le passività vanno tutte a discapito dei lavoratori nell’industria americana, mentre i servizi fanno riferimento ad altre categorie di lavoratori. E tra l’altro, questa voce fa segnare un avanzo con l’estero di circa 280 miliardi di dollari.
Londra a un passo da crisi finanziaria
Trump è molto più politico di quanto non appaia. Ha capito meglio di altri che gli conviene il “divide et impera” per rafforzare la sua posizione negoziale verso l’Europa. E dopo la Brexit è interesse degli americani attirare a sé l’economia britannica per inglobarla nell’anglosfera e sottrarla all’influenza dell’Unione Europea. Escluderla dai dazi può servire proprio a questo. C’è ottimismo nel governo di Londra, che dalle elezioni di luglio non ne ha imbroccata finora una giusta.
I sudditi di Sua Maestà hanno sfiorato nelle settimane scorse una pericolosa crisi finanziaria, tra la sterlina che andava giù e i rendimenti sovrani che andavano su. Per fortuna le cose hanno cambiato direzione, anche se la situazione è rimasta allarmante. Il cambio è risalito dal minimo di 1,22 toccato a gennaio e il Gilt a 10 anni ha visto scendere il rendimento dal 4,88% al 4,48%. Il paziente non è fuori pericolo, ma il quadro clinico è migliorato.
Ritorno a status di safe asset?
Nell’ipotesi sciagurata che tra Stati Uniti ed Europa si arrivasse a una guerra dei dazi, la sterlina potrebbe riacquisire quello status di “safe asset” andato perduto ormai molto tempo fa. Londra è sempre stata meta di capitali dal resto del mondo, ma nell’ultimo decennio è diventata meno rassicurante tra Brexit e instabilità politica. Basti pensare che dal referendum del giugno 2016 si sono succeduti sei primi ministri. Una media all’italiana di uno ogni anno e mezzo.
Chiamatelo effetto collaterale (e paradossale) dei dazi o forse anche voluto dalla politica trumpiana tutt’altro che irrazionale. Risparmiare Londra dai dazi equivarrebbe a metterla in luce positivamente nell’arena internazionale. Sarebbe un bel sostegno all’economia britannica, in affanno e ammaccata da una politica fiscale del governo laburista all’insegna del “tassa e spendi”.
Sterlina riprende fiato
Resta da vedere quale sarà l’unità dell’amministrazione Trump attorno a questa linea pro-UK. Musk non vede l’ora che Starmer si dimetta.
I sondaggi dicono che oggi vincerebbe le elezioni generali il Reform UK di Nigel Farage da lui sostenuto. Ma il voto è in programma per il lontano 2029. Certo è che l’eventuale recupero della sterlina ridarebbe fiato al governo, la cui caduta del consenso si deve in gran parte ai pasticci combinato sui mercati sulla falsariga di Liz Truss.