Rally della sterlina, che oggi per la prima volta da quasi otto mesi si è spinta oltre il cambio di 1,30 contro il dollaro, guadagnando così quasi il 4% da quando il premier britannico Theresa May ha annunciato la richiesta di elezioni anticipate per l’8 giugno prossimo, conceinsse dal Parlamento di Westminster. Per quanto il bilancio resti negativo di oltre il 13% dal giorno del referendum sulla Brexit, la soglia di 1,30 sfondata oggi rappresenta un buon supporto psicologico per la sterlina.
Il cambio ha beneficiato nelle ultime ore sia della relativa debolezza del dollaro, a seguito degli eventi politici che stanno scuotendo la Casa Bianca, sia anche i dati sulle vendite al dettaglio nel Regno Unito in aprile, maggiori delle attese e in crescita su base annua del 2,3% dopo il -1,4% accusato a marzo.
Sterlina recupera su elezioni UK
Stando ai sondaggi, il partito della May sarebbe in vantaggio su quello laburista di una media di 13 punti percentuali, secondo YouGov, potendo ambire a conquistare quasi 400 seggi su 650, una settantina in più di quelli odierni. I mercati vedono positivamente questi numeri, perché consentirebbero al governo di cercare di strappare alla UE un accordo favorevole agli interessi del Regno Unito, senza dipendere eccessivamente né dalle forze più ostili presenti nella stessa maggioranza.
Inoltre, avendo spostato più in là la scadenza elettorale prossima di due anni concederebbe alla May più tempo per raggiungere un accordo con la UE, quando ad oggi la deadline è fissata per la primavera del 2019, anno in cui si celebrano, tra l’altro, le elezioni europee.
Rischi per Brexit da elezioni UK
Queste considerazioni non terrebbero conto di un dato: se alla May venisse assegnato un mandato più forte di quello odierno, è di questo che il governo dovrebbe tenere conto. Un voto molto favorevole ai conservatori sarebbe un avallo proprio della “hard” Brexit, alle posizioni più dure contro la UE, anche al costo di rescindere i legami commerciali. Il governo troverebbe più difficile mostrarsi flessibile con Bruxelles, in quanto “tradirebbe” la promessa di queste settimane di rappresentare gli interessi nazionali e il desiderio dei sudditi di riottenere la sovranità su un tema sentito come quello dell’immigrazione.