Stipendi manager, azionisti in rivolta e anche tra i governi cambia l’aria

Gli stipendi di manager e banchieri sono percepiti spesso come fuori controllo. Alla City e Wall Street, templi del capitalismo, gli azionisti iniziano a rivoltarsi contro lo strapotere dei boss.
8 anni fa
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Il caso Valeant

Uno dei casi eclatanti di disconnessione tra risultati e stipendi dei manager negli ultimi tempi è quello della società farmaceutica canadese Valeant, il cui ceo Joseph Papa, in carico solamente dal maggio scorso, ha ricevuto per l’anno passato una retribuzione complessiva di ben 63 milioni di dollari, di cui appena 981.000 legati allo stipendio di base, mentre il resto è stato composto da opzioni (10 milioni), bonus (9,1 milioni) e azioni (42 milioni).

Quale sarebbe il problema con lo stipendio da sogno di Papa? Che sotto di lui, le azioni hanno perso ben il 67% e la società ha registrato un “buco” da 2,4 miliardi, evitando il fallimento solo per un soffio, essendo oggetto di indagini per frode e manipolazione dei prezzi farmaceutici.

Vero è che Papa è arrivato proprio per fare pulizia della passata gestione e che per la sua collaborazione si è reso necessario corrispondergli uno stipendio allettante, secondo i criteri del mercato, ma resta il fatto che una società quasi in fallimento starebbe “strapagando” un manager per risultati ancora nemmeno lontanamente percepiti.

Le proposte del governo May

Il problema degli stipendi dei manager, spiega il vice-boss di ShareSoc, Roger Lawson, sarebbe culturale, ovvero gli azionisti raramente si mostrerebbero contrariati dalle politiche retributive adottate dalle società, temendo altrimenti di perdere presa sul management, quasi come se rischiassero di venire tagliati fuori dagli ambienti che contano. In realtà, se ciò appare verissimo per il recente passato, la loro voce inizia a farsi sentire da tempo, sostenuta persino da governi di inclinazioni conservatrici, come quello di Theresa May, che dopo il referendum sulla Brexit, arrivando al n.10 di Downing Street, tra le sue priorità presentava anche misure per accrescere il controllo del capitale sui mega-stipendi dei ceo.

La May vorrebbe costringere le società a vincolare le loro politiche sugli stipendi dei manager al voto degli azionisti, nonché a pubblicare periodicamente sia tali retribuzioni, sia il loro rapporto con lo stipendio medio dei lavoratori alle loro dipendenze.

Una sorta di effetto stigma ricercato, insomma, che dovrebbe frenare le società dal darsi a politiche scriteriate. (Leggi anche: Theresa May una Thatcher dai tratti labour?)

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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