Quanto guadagnano i parlamentari in Italia? Una curiosità più che una domanda, visto che si parla spesso di privilegi e vitalizi della casta politica e per molti si grida ancora allo scandalo. Vediamo quindi nel dettaglio come stanno le cose.
Partiamo anche dalla premessa che da quest’anno il numero dei parlamentari è diminuito di un terzo. In tutto sono 400 deputati e 200 senatori (più quelli a vita). Sempre tanti in rapporto alla popolazione, ma comunque in diminuzione. Ma veniamo alle cifre.
Lo stipendio dei parlamentari
Lo stipendio di un parlamentare di per sé non è esorbitante, ma ci sono trattamenti economici che fanno lievitare la spesa. L’indennità mensile (così si chiama) è pari a 5.269 euro netti a cui bisogna sottrarre le ritenute Irpef regionali e comunali. Si arriva quindi mediamente intorno a 5.000 euro netti al mese per 12 mensilità.
E fin qui siamo nella normalità delle cose e in linea con gli stipendi dei parlamentari europei. La cifra, però, comincia a salire quando si va a vedere il resto. A ogni deputato e senatore è corrisposta una diaria di 3.500 euro al mese per il soggiorno a Roma. In caso di assenza ingiustificata viene decurtata la somma di 206 euro al giorno.
C’è poi il rimborso spese per la durata del mandato. Si tratta di 3.690 euro al mese di cui la metà sono riconosciuti a titolo forfettario, mentre l’altra metà a fronte di esibizione di notule di spesa, compresa quella di consulenza, ricerca, portaborse, vigilanza, scorta, ecc. Tutto sommato, quindi, lo stipendio si aggira sui 10.500 euro netti al mese. Alla fine della legislatura, ogni parlamentare riceve poi l’assegno di fine mandato. Esso corrisponde al 80% dell’indennità lorda mensile per ogni anno.
Viaggi e assistenza sanitaria
Ma non sono solo le entrate dirette che pesano nelle tasche dei parlamentari. Vi sono anche i trasporti, le trasferte e gli spostamenti.
Per la circolazione autostradale, i parlamentari possono richiedere il rilascio del dispositivo telepass e hanno diritto a un rimborso chilometrico. Il servizio taxi è sempre rimborsato per intero.
Per quanto riguarda le spese telefoniche e internet, invece, ogni parlamentare ha diritto a un rimborso forfettario di 1.200 euro.
C’è poi l’assistenza sanitaria. Ogni parlamentare aderisce obbligatoriamente a un fondo di assistenza sanitaria integrativa versando una quota mensile trattenuta dall’indennità lorda. Ogni prestazione, dalle spese sanitarie generiche a quelle specialistiche o del dentista, è rimborsata per intero.
Le pensioni dei parlamentari
E veniamo alle pensioni (il vitalizio non esiste più dal 2012). I parlamentari maturano in diritto ad andare in pensione al compimento di 65 anni di età. Il che rappresenta pure un limite perché se hanno ricoperto la funzione di senatore o deputato per più di una volta nella loro carriera, l’età si abbassa fino a 60 anni.
Più precisamente, per ogni anno di mandato oltre il quinto, il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo inderogabile di 60 anni. Il che li pone in una situazione decisamente privilegiata rispetto alla generalità dei lavoratori.
I contributi sono versati attingendo dalla indennità lorda mensile. Il requisito minimo dei parlamentari per accedere alla pensione è quello di aver versato almeno 5 anni di contribuzione durante la loro carriera.
Il diritto però matura solo dopo aver svolto il mandato per almeno 4 anni, 6 mesi e 1 giorno. Cosa che riguarda soprattutto onorevoli e senatori di prima nomina. In altre parole, per raggiungere la piena quota di pensione prevista dalla legge ogni deputato e senatore di prima nomina deve versare i contributi rimanenti di tasca propria. Si tratta di versamenti volontari, né più né meno per i restanti 6 mesi riscattabili per avere diritto alla pensione.
Pensione minima
La pensione dei parlamentari così maturata è liquidata per un importo di circa 1.500 euro lordi mensili. E’ commisurato con il monte contributivo accumulato che è pari a 50.000 euro per 5 anni di attività. Si tratta per l’appunto del minimo per coloro che hanno ricoperto la funzione per un solo mandato. E fin qui, nulla da dire.
Il privilegio, invece, scaturisce riguardo all’età della pensione. Il parlamentare può chiedere la liquidazione della rendita a 65 anni. Quindi due anni prima della soglia prevista per la generalità dei lavoratori. Ma non è tutto, se il deputato o senatore è rieletto e ricopre un secondo mandato, l’età pensionabile si abbassa di un anno per ogni anno ricoperto, fino a 60 anni.
Quindi più “lavora” e prima va in pensione. Mentre per la generalità dei lavoratori questo principio non vale. Per la casta, quindi, il meccanismo della speranza di vita Istat funziona al contrario. Potremmo chiamarlo tranquillamente speranza di essere rieletti.