Per chi rinuncia ad andare in pensione con Quota 103 è previsto un aumento dello stipendio. E questo potrebbe essere un modo per combattere subito l’inflazione senza attendere il rinnovo dei contratti di lavoro. Lo prevede la Legge di bilancio 2023 che ha reintrodotto il vecchio bonus Maroni. Incentivo che porta il nome dell’ex ministro al Lavoro Roberto Maroni del 2004, poi interrotto tre anni più tardi.
Ai tempi il bonus riscosse un buon successo e fece risparmiare soldi all’Inps. Riguarda solo i lavoratori dipendenti del settore privato ai quali è offerta la possibilità di ottenere un incremento della busta paga per il periodo di rinuncia a Quota 103.
Quanto vale il bonus Maroni
Come detto, il bonus Maroni è un premio riconosciuto ai lavoratori che rimandano il pensionamento anticipato con Quota 103 entro la fine dell’anno. Ma a quanto ammonta questo bonus? Esattamente il 9,19% in più dello stipendio lordo, cioè i contributi che il datore di lavoro dovrebbe versare all’Inps per conto del lavoratore. La quota a carico del datore di lavoro (23,81%), invece, continuerà a essere versata all’Inps.
Questi contributi non vanno ad aggiungersi al montante, ma sono versati direttamente sullo stipendio del lavoratore che di conseguenza cresce. Mentre il contributo alla futura pensione diminuisce in proporzione. Non è chiaro se questi soldi saranno tassati oppure no (si attendono precisazioni da parte dei ministeri competenti). Nel lontano 2004 erano detassati.
Di fatto, quindi, chi opta per questa soluzione, riceverà una busta paga più alta. Al datore di lavoro non cambierà assolutamente nulla dovendo comunque corrispondere al dipendente la stessa somma di denaro a lui spettante con o senza bonus Maroni.
Vantaggi e svantaggi della pensione anticipata
Ma attenzione a fare bene i calcoli. Posto che un lavoratore decida di rinunciare alla pensione per prendere uno stipendio più alto, la contribuzione per la pensione di competenza del lavoratore si interrompe.
A parte ciò, bisogna dire che il ritardo dell’accesso alla pensione comporta l’applicazione di un migliore coefficiente di trasformazione ai contributi versati. Pertanto quello che si perde da una parte non versando più contributi come prima, si potrebbe recuperare dall’altra posticipando l’uscita dal lavoro.
Fra gli altri svantaggi vi è però da considerare anche l’imposizione fiscale. Aumentando il reddito del lavoratore per effetto del bonus Maroni, anche le aliquote Irpef cambiano. Il rischio è che quel 9,19% in più che ci si ritrova in busta paga sia tassato con una aliquota maggiore (dipende dagli scaglioni di reddito). Ma, come detto, per questo aspetto è bene attendere le dovute precisazioni ministeriali.