“I veri poveri, in questo mondo, meritevoli di assistenza e di compassione, non sono altro che quelli che, per ragione d’età o di malattia, si trovano condannati a non potersi più guadagnare il pane col lavoro delle proprie mani. Tutti gli altri hanno l’obbligo di lavorare: e se non lavorano e patiscono fame, tanto peggio per loro”, scriveva Carlo Collodi.
Un concetto che sembra essere condiviso anche dal governo Meloni che ha deciso di dare un taglio al reddito di cittadinanza perché teme che tale sussidio possa scoraggiare la ricerca di lavoro.
Manovra 2023, a breve addio al sussidio targato Movimento 5 Stelle
Grazie alla Legge di Bilancio 2023 l’esecutivo Meloni ha ridotto a sette il numero di mensilità erogate a favore dei cosiddetti occupabili, ovvero i soggetti che sono in grado di lavorare. Quest’ultimi, onde evitare di perdere il sussidio, devono anche frequentare un corso di formazione dalla durata minima di sei mesi. Sono esclusi da tale obbligo i nuclei famigliari con soggetti disabili, minori e persone con più di 60 anni. Quest’ultimi si vedranno pagare il reddito di cittadinanza per tutto il 2023, salvo poi dover dire addio a partire dal 2024.
Sto per perdere il reddito di cittadinanza ma nessuno mi ha offerto un lavoro ancora
A pochi mesi dall’addio definitivo al reddito di cittadinanza, sono ancora molte le persone che brancolano nel buio. Questo perché non hanno ancora ricevuto alcuna offerta di lavoro. Se tutto questo non bastasse, gli ultimi dati non sono affatto incoraggianti. Basti pensare che, stando alle ultime stime, soltanto tra il 3 e l’8% dei percettori del Reddito di cittadinanza ha avuto un’offerta di lavoro. O di carattere formativo.
Entrando nei dettagli, così come si evince da una recente indagine dell’Inapp, ovvero l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, si registrano delle criticità soprattutto per quanto concerne le tempistiche di lavorazione delle domande:
“In media trascorrono circa 4 mesi e mezzo tra l’autorizzazione ad ottenere il Reddito di cittadinanza rilasciata dall’Inps e la presa in carico del beneficiario da parte dei centri per l’impiego e dei servizi sociali comunali. Solo la metà dei centri (51,6%) risulta in condizione di convocare entro i 30 giorni prescritti dalla norma i beneficiari della misura. I tempi di presa in carico da parte dei centri per l’impiego naturalmente risentono del volume di utenza che caratterizza i diversi territori sicché risultano più ridotti al Nord, dove l’attesa mediamente è di 3 mesi e mezzo, mentre al Sud si approssimano intorno ai 5 mesi e mezzo“.
Le tempistiche per le offerte di lavoro, come è facile notare, sono particolarmente lunghe. Alla base di questa situazione problematica le banche dati delle varie amministrazioni interessate, come centri per l’Impiego e l’Inps, che non dialogano tra loro. Mancano, inoltre, le risorse umane in grado di rispondere alle esigenze dei percettori del reddito di cittadinanza.
Al momento, però, tutto sembra essere in una fase di stallo. Per questo motivo la speranza è che il Governo scenda in campo con delle misure ad hoc volte a cambiare la situazione. E mettere tutti quanti nelle condizioni giuste per poter finalmente fare il proprio ingresso nel mondo del lavoro.