Stop a cessione del credito e sconto in fattura, tanti interrogativi e poche certezze

Finisce l'era della cessione del credito e dello sconto in fattura. Lo stato non si è rivelato credibile e si aprono mille interrogativi.
2 anni fa
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Effetto Superbonus sui conti pubblici
Effetto Superbonus sui conti pubblici © Licenza Creative Commons

A partire da venerdì 17 febbraio, l’Italia ha dato l’addio allo sconto in fattura e alla cessione del credito per usufruire dei bonus edilizi. Lo ha deciso il Consiglio dei ministri del giorno prima con il varo di un decreto subito pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Superbonus 110 e altri incentivi dovranno essere utilizzati solo tramite le detrazioni fiscali. In soldoni, chi ha liquidità da anticipare, può continuare a farsi realizzare i lavori di ristrutturazione gratis o a bassissimo costo. Il resto della popolazione dovrà rinunciare.

Per i condomini non ci sarà salvezza, perché è quasi irrealistico pensare che tutti i proprietari degli appartamenti dispongano di liquidità e percepiscano redditi così alti da riuscire a risultare fiscalmente capienti con le detrazioni. Dallo stop sono esclusi coloro che già avevano presentato la Cila entro lo scorso 25 novembre.

L’addio allo sconto in fattura e alla cessione del credito chiude un’era forse mai iniziata in Italia e apre mille interrogativi. Uno di questi riguarda la credibilità di uno stato, che legifera a capocchia e non riesce a tradurre in atti concreti le sue stesse decisioni. Dall’annuncio del Superbonus 110 nel maggio 2020 è stato un percorso ad ostacoli. Sì e no, il maxi-incentivo è durato realmente un semestre. Dopodiché fu affossato nel novembre 2021 dal governo Draghi con il decreto anti-frodi. Decine di miliardi di crediti erano rimasti bloccati e molte imprese erano state costrette a chiudere battenti.

Obiettivo case green a rischio

Lo sconto in fattura non fu un’invenzione “grillina”, bensì una novità legislativa nata nella legislatura 2013-2018 con il centro-sinistra al governo. Era rimasta lettera morta, però, a causa della scarsa disponibilità delle imprese di accollarsi crediti fiscali da portare in compensazione negli anni con lo stato. Fu la possibilità di cedere tali crediti ad avere sbloccato l’incentivo. A Bruxelles questi incentivi non sono mai piaciuti, non a torto.

Essi creano debito pubblico. Lo stato rinuncia ad incassare gettito fiscale. D’altra parte, il debito non è originato dalla cessione del credito in sé, la quale semmai rende più agevole l’utilizzo degli incentivi da parte delle famiglie.

La fine di sconto in fattura e cessione del credito non fa venire meno la necessità per milioni di famiglie di ristrutturare casa. La Commissione Industria dell’Europarlamento ha già approvato una proposta per obbligare i proprietari di immobili residenziali a tendere alla classe energetica E entro il 2030 e D entro il 2033. Si stima che i tre quarti degli immobili italiani siano oggi fuori da questi parametri. E poiché risulta difficile immaginare che decine di milioni di famiglie possano mettere mano al portafogli per adempiere all’obbligo di ristrutturazione, due le conseguenze: o rinunciamo sul nascere all’obiettivo di avere case “green” o iniziamo a porci seriamente il problema di come tendervi.

Il guaio portato alla luce da meccanismi come lo sconto in fattura consiste negli altissimi costi a carico dello stato, a fronte di una percentuale del patrimonio edilizio beneficiaria a dir poco risibile. Servirebbero migliaia di miliardi di euro per consentire, ai prezzi di mercato, a tutti gli italiani di ristrutturare con Superbonus e altri bonus edilizi. Va da sé che l’operazione si configuri come impossibile. Pensate che già a febbraio la massa delle detrazioni spettanti risulterebbe salita a 110 miliardi, quasi sei punti di PIL. E basta farsi un giro per le strade per capire che ad avere usufruito dei lavori gratis o iper-incentivati sia stata una nettissima minoranza di italiani.

Stop a sconto in fattura farà scendere prezzi lavori

Ciò che la popolarità dello sconto in fattura ha portato a galla è lo spaccato di un paese in profonda crisi. Ci sono milioni di proprietari che vorrebbero ristrutturare i propri immobili per renderli più efficienti sul piano energetico, più sicuri contro i sismi o anche solo più gradevoli alla vista, ma non riescono a farlo per scarse disponibilità finanziarie.

I redditi delle famiglie risultano il più delle volte troppo bassi per far fronte a costi straordinari. E i bonus edilizi hanno aggravato in molti casi la situazione. Coloro che non vi hanno avuto accesso, si sono visti presentare preventivi stratosferici anche per realizzare piccoli lavori. Il mercato è stato “drogato” dai maxi-incentivi e i prezzi sono esplosi al punto da rendere impossibile a molte famiglie di rifarsi la facciata o anche solo effettuare piccoli interventi di manutenzione.

La buona notizia – forse l’unica – arrivata con lo stop allo sconto in fattura e alla circolazione dei crediti è che con il passare dei mesi i prezzi dei lavori scenderanno. Lo dice la logica. Quando chiuderanno gli ultimi cantieri aperti con il Superbonus 110, al più tardi a fine anno, la maggiore offerta delle imprese ripristinerà la concorrenza. I meccanismi di mercato si riattiveranno; saranno le imprese a tornare a caccia di clienti e non viceversa. I preventivi scenderanno e ciò contribuirà a disinflazionare l’economia italiana. Perché il carovita di questi ultimi tempi è stato in parte alimentato dalla speculazione scatenatasi sul mercato delle forniture per l’edilizia.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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