La strategia di Trump dietro ai dazi: far scendere i rendimenti per affrontare la tempesta del debito

Donald Trump punta ai dazi per cercare di ottenere come effetto collaterale il crollo dei rendimenti sull'immenso debito federale USA.
4 giorni fa
3 minuti di lettura
La strategia di Trump sui dazi riguarda il debito
La strategia di Trump sui dazi riguarda il debito © Licenza Creative Commons

Il presidente Donald Trump ha un’ossessione, ma non sono i dazi, bensì i tassi. Tutto il mondo da giorni, anzi settimane, s’interroga tra il perplesso e l’incredulo su quale sia il vero obiettivo del tycoon. Perché l’America vuole scatenare una guerra commerciale, che inevitabilmente non avrebbe vincitori e che rischia di travolgerla almeno nel breve periodo? Le teorie impazzano, la spiegazione apparentemente più logica sarebbe che egli voglia rimpatriare la manifattura perduta nei decenni della globalizzazione per adempiere alla promessa fatta in campagna elettorale al popolo MAGA. Prospettive di lungo periodo, insomma. C’è del vero in questa narrazione, ma Trump ha un’urgenza e si chiama debito.

Debito per Trump scoglio enorme

Quest’anno arrivano a scadenza negli USA titoli del debito per 9.200 miliardi di dollari. A questa cifra già colossale e che ammonta al 31% di tutto lo stock emesso e in circolazione sui mercati, dobbiamo aggiungere i circa 2.000 miliardi di nuove emissioni attese. Avete capito qual è il problema? Trump deve emettere debito tra vecchio e nuovo per circa 11.000 miliardi in un anno. E tutto questo con rendimenti che al suo insediamento di gennaio puntavano al 5%, mentre la Federal Reserve sospendeva il taglio dei tassi di interesse per via di un’inflazione rimasta sopra il target del 2%.

Caccia ai safe asset

Come invertire la tendenza sui rendimenti e ottenere il ripristino del taglio dei tassi? Provocando un clima recessivo. Può sembrare paradossale, ma non lo è affatto. Per evitare una crisi del debito Trump punta a una crisi gestita dell’economia, innescata dal crollo del mercato azionario.

Crollo salutare, perché la borsa americana è in bolla da tempo. Gli USA non vanno in recessione da inizio 2009, fatta eccezione per la pandemia, che fu un evento extra-economico. Una crescita prolungata e senza precedenti, che si regge sulla spesa pubblica in deficit. Insostenibile. Lo scorso anno, lo stato americano ha speso il 6,7% del Pil in più di quanto ha incassato. Ed era un’annata buona per l’economia, pensate a quando le cose si mettessero male.

I dazi stanno provocando crolli sui mercati e innescando una caccia ai “safe asset”, tra cui proprio dei Treasuries. I loro rendimenti stanno collassando lungo la curva delle scadenze. Il decennale è sceso sotto il 3,90% da oltre il 4,80% a cui era salito a metà gennaio. Adesso, il mercato si aspetta 4-5 tagli dei tassi FED, mentre fino a pochi giorni fa ne scontava appena uno. Non è detto che il governatore Jerome Powell lo accontenti già a maggio, tornando a tagliare. Il mercato del lavoro resta in piena occupazione e l’inflazione a febbraio sfiorava ancora il 3%.

Sui mercati rischio di recessione

Tuttavia, il mood è cambiato sui mercati. Il rischio di recessione ora esiste per l’economia americana. E rendimenti più bassi consentiranno a Trump di emettere debito a costi inferiori. Inoltre, gli investitori approfitteranno del clima di incertezza per comprarlo senza fare storie.

In un contesto di ottimismo, invece, diventa complicato trovare domanda a sufficienza per assorbire le quantità sopra citate a rendimenti accettabili. In sostanza, ci troviamo dinnanzi a un diversivo scatenato apposta per spingere i capitali là dove sarebbe meglio che andassero per evitare che le finanze di zio Sam scricchiolino agli occhi del mondo.

Ecco perché con Elon Musk al DOGE Trump sta puntando dal suo primo giorno di presidente a segnalare l’incrollabile volontà di tagliare i rami secchi della pubblica amministrazione. Deve dimostrare ai mercati di volere ridurre la spesa pubblica per convincerli a comprare Treasuries e rendimenti più bassi. Poiché nessuno si aspetta che credibilmente potrà riuscire nell’intento dall’oggi al domani, ecco il martellamento sui dazi con la precisa idea di affumicare la vista ai grossi investitori per portarli dove desidera. Operazione complessa, pericolosa e non priva di conseguenze.

Allarme debito per Trump

Sta di fatto che Trump ha un problema di debito dal quale non può scappare. Egli lo sa e intende affrontarlo con metodi spiccioli, perché quelli convenzionali richiederebbero anni e tanta fatica politica per giungere ai primi risultati. Tempo che non ha, perché già alla fine dell’anno prossimo lo attendono le elezioni di metà mandato. Un appuntamento a cui vorrà presentarsi con una crisi alle spalle, e non più come minaccia incombente, e senza l’assillo dei tassi che ricade sullo stato, così come su decine di milioni di famiglie americane alle prese con mutui e prestiti. A proposito, i costi dei mutui trentennali sono già scesi dall’oltre il 7% di gennaio a meno del 6,65%. Siete sicuri che siano i dazi la preoccupazione principale per molti di coloro che vivono “cheque to cheque”?

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

aliquota iva
Articolo precedente

Iva su collirio al 10%. Possibile richiedere i rimborsi (risposta n°88 Agenzia delle entrate)?

decontribuzione stipendio
Articolo seguente

Decontribuzione sotto accusa: l’effetto boomerang sugli stipendi spiegati dalla Fornero