Ha 69 anni appena compiuti e nel 2009 sembrava avere abbandonato per sempre la politica per entrare nel mondo degli affari. Probabilmente, sarà il prossimo cancelliere e successore di Olaf Scholz, chiamato a risolvere la complicata crisi politica ed economica tedesca, per cui indirettamente anche europea. Si chiama Friedrich Merz, è leader dell’Unione cristiano-democratico (Cdu) e da poche settimane è stato indicato dal suo partito e da quello gemello bavarese (Csu) come candidato per la cancelleria. I sondaggi lo accreditano di un terzo dei consensi. Non saranno tanti, ma sufficienti a garantirgli la nomina. Dietro di lui viaggia appena sotto il 20% l’AfD, partito euroscettico di destra e accusato di nazismo dalle altre formazioni politiche.
I socialdemocratici di Scholz si fermano al 15-16%, seguiti dai Verdi intorno o poco sotto il 10%.
Merz eredita immobilismo merkeliano
C’è così tanta desolazione in Germania, che persino un Merz apparentemente destinato alla pensione è stato richiamato in servizio dopo la fine della lunga era di Angela Merkel. Di “Mutti” egli fu un fiero rivale interno, avendo mostrato di avere sempre posizioni alla sua destra. Toni più duri sull’immigrazione, più favorevole al libero mercato e al ritorno al nucleare. Dell’appena rieletto Donald Trump ha dichiarato che sia “una minaccia per la democrazia”. Parole che peseranno come pietre quando e se dovesse diventare cancelliere.
Di Merz sappiamo che vuole chiudere con l’eredità merkeliana, prendendosi una rivincita persino personale. E questo sarebbe un bene per la Germania, che ha vissuto un’invidiabile stabilità politica nel ventennio passato, ma che ha celato molte magagne, oltre che un immobilismo di cui oggi i tedeschi stanno pagando il prezzo.
Può essere l’uomo giusto per risolvere la grava crisi europea in cui siamo precipitati, in apparenza senza alcuno sbocco?
Instabilità politica in Germania
Il primo problema di Merz sarà l’assenza di una maggioranza netta al Bundestag. Per governare avrà bisogno di uno o due altri partiti, oltre al suo. Se già l’esperimento della Grosse Koalition si è rivelato fallimentare, figuriamoci l’eventualità di un governo sorretto da tre partiti come negli ultimi tre anni. Quale sarebbe la cesura con il passato, se si ritrovasse a legiferare con i voti determinanti del partito di Scholz, attuale cancelliere, e finanche dei Verdi?
Oltre ai numeri esiste anche un problema di indirizzo politico. Qual è il modello a cui ha in mente Merz per superare la crisi tedesca ed europea? Non dissimile da quello odierno. La Germania taglierebbe un po’ la spesa pubblica e le tasse per rilanciare la competitività, quindi anche le esportazioni. Ma a Bruxelles non cambierebbe granché. L’impianto dell’Unione Europea resterebbe grosso modo immutato. Non c’è nella sua visione alcun salto di qualità in alcuna direzione. Rifiuto secco degli Eurobond, quel debito comune che consentirebbe all’area di affrontare più velocemente e credibilmente la transizione energetica e l’innovazione. Nessuna messa in discussione del Patto di stabilità. Anzi, le regole di bilancio verrebbero possibilmente inasprite, perlomeno implementate con maggiore rigore.
Crisi europea destinata a durare
Non aspettiamoci un cambiamento epocale se vincesse Merz.
La Germania non ha alcuna intenzione di risolvere la crisi europea, che è di visione, identità, politica, economica e di prospettiva. Di sicuro, non lo vorrà fare rinunciando ai propri paradigmi. Vero è che l’amministrazione Trump metterà tutti dinnanzi a un nuovo scenario. E ciò potrà portare Berlino ad aumentare almeno temporaneamente il debito tedesco per sostenere la domanda interna. Ma se accadesse, sarebbe un effetto indesiderato e non un piano voluto dai prossimi vincitori delle elezioni.