Si mostrano anche oggi deboli le quotazioni del petrolio, che si muovono intorno alla parità a 48,80 dollari al barile per il Brent e in rialzo di 17 centesimi a 46,31 dollari per il Wti, il greggio americano. In attesa di conoscere le stime, che questo pomeriggio saranno pubblicate dall’American Petroleum Institute sul livello delle scorte USA nella settimana conclusasi il 30 ottobre scorso, gli analisti si aspettano che queste siano cresciute tra 2,45 e 2,7 milioni di barili, segnando il sesto aumento consecutivo e segnalando che il mercato continuerebbe a registrare un eccesso di offerta, dato che la domanda non sarebbe in grado di assorbire tutte le estrazioni.
Offerta USA rallenta, ma non troppo
Goldman Sachs prevede che la produzione negli USA scenderà di 35.000 barili al giorno nel 2016, più del 20.000 stimati in precedenza. Rispetto al picco di 9,6 milioni di barili al giorno, toccati nell’aprile scorso, l’output dovrebbe stabilizzarsi in questi mesi intorno a 9,1 milioni, stando al numero dei pozzi attivi nel paese. Le banche interpellate dal Wall Street Journal si mostrano parecchio pessimiste sul trend futuro dei prezzi, tagliando questi ultimi dalla media precedentemente attesa di 70 dollari al barile per l’anno prossimo a 54 dollari per il Wti e a 58 per il Brent. D’altronde, l’America è l’unica realtà a subire un sostanziale calo dell’offerta, mentre questa cresce in tutti i principali produttori, salendo ai massimi di almeno gli ultimi 30 anni in Arabia Saudita e in Russia, che complessivamente rappresentano quasi un quarto del greggio estratto in tutto il pianeta.