Il braccio di ferro tra Movimento 5 Stelle e premier Mario Draghi potrebbe concludersi con la caduta del governo. L’ex premier Giuseppe Conte è infuriato con il suo successore a Palazzo Chigi, reo di avere funto da regista all’operazione di scissione della componente facente capo a Luigi Di Maio. La verità è che l'”avvocato del popolo” non ha mai perdonato all’ex governatore centrale di avergli preso il posto nel febbraio dello scorso anno. Adesso, per giustificare quella che ha tutta l’aria di una rottura, Conte punta a ottenere chiarimenti su due misure-bandiera dei “grillini”: reddito di cittadinanza e Superbonus 110.
Il cammino tortuoso del Superbonus
E poi c’è il Superbonus 110. Ufficialmente, le villette avranno tempo fino a settembre per completare il 30% dei lavori, mentre i condomini dovranno completare il 60% entro giugno dell’anno prossimo. Ma alla fine di maggio, i fondi risultavano essere finiti (33,3 miliardi contro richieste per 33,7 miliardi) e il governo non ha alcuna intenzione di stanziarne di nuovi. In primis, perché tra spread e recessione in vista non vi sarebbero margini di manovra fiscale. Secondariamente, il premier ha dichiarato esplicitamente nei mesi scorsi di non gradire questo incentivo.
Il bonus edilizio varato dal governo Conte-bis nel 2020 si è rivelato uno stimolo potente per il comparto delle costruzioni. Tuttavia, esso fu scritto male sin dall’inizio. Tra tetti di spesa elevati e tempi stretti per la realizzazione dei tempi, esso ha provocato una concentrazione della domanda in pochi mesi, tale da contribuire all’esplosione dei prezzi delle materie prime e delle fatture stesse.
Stop a cessione del credito, imprese in crisi
Anziché migliorare i meccanismi, Draghi li ha semplicemente inceppati. Con il decreto anti-frode del novembre 2021, il Superbonus subiva un primo durissimo colpo. Gli operatori rimasero in attesa per mesi di aggiornamenti legislativi e dello sblocco dei crediti fiscali. Quando agli inizi di quest’anno sembravano poter ripartire, il governo varava una nuova stretta sulla cessione del credito. Successivamente, i partiti della maggioranza apportavano qualche correttivo su pressione di imprese e professionisti.
E’ vero, ci sono state tante truffe da parte di pseudo-imprenditori, ma per la quasi totalità hanno riguardato altri incentivi, specie il bonus facciate. E senza dubbio limitare la circolazione dei crediti fiscali non ha niente a che spartire con la lotta alle truffe. Draghi ha voluto stanare sul nascere la cessione del credito quale meccanismo utile per rinvigorire la liquidità in circolazione. Non è difficile capire perché. In esso intravede il rischio che attecchisca una sorta di moneta fiscale parallela all’euro.
I pasticci di Draghi e Conte
Gli sconti in fattura non piacciono al premier, che con i suoi continui decreti sta portando al collasso migliaia e migliaia di imprese, attive non solo nel settore costruzioni. Ad esempio, da mesi lo sconto in fattura per l’acquisto di condizionatori, caldaie, ecc., non è più praticato dai rivenditori, i cui cassetti fiscali risultano pieni. Lo stato non ha mantenuto fede alla parola, lasciando le attività colme di crediti da spalmare in dieci anni, anziché rimborsarli loro subito come previsto.
Il Superbonus fu scritto male a suo tempo. E non è la prima legge dei 5 Stelle a risultare pasticciata e, a tratti, sconclusionata. Ma da Draghi avremmo preteso correttivi per migliorare il testo, non ulteriori pasticci per mandare in malora l’imprenditoria sana. Quale può mai essere la credibilità di uno stato che non mantiene la parola data ai propri cittadini? Sui mercati finanziari si chiamerebbe default.