Superbonus, i limiti alla cessione del credito atto di masochismo del governo

Il decreto Sostegni-ter rischia di affossare gli effetti espansivi del Superbonus sull'economia italiana in una fase già di rallentamento.
3 anni fa
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Superbonus, cosa abbiamo imparato dalle polemiche

Il governo Draghi è intervenuto per l’ennesima volta sul Superbonus 110, creando scompiglio e rabbia nel settore delle costruzioni. Il Consiglio dei ministri di venerdì scorso ha approvato il decreto “Sostegni-ter”, che a dispetto del nome non sostiene un bel niente. Almeno non l’edilizia. E’ stata predisposta una stretta sulla cessione del credito, che rischia di paralizzare le ristrutturazioni di case e condomini.

Le novità si possono riassumere così: per i contratti firmati fino al prossimo 7 febbraio, esiste la possibilità di effettuare una sola ulteriore cessione del credito per i bonus edilizi, Superbonus compresi.

Per tutti i contratti siglati da quella data, la cessione del credito sarà una e una vola. In caso contrario, i contratti saranno dichiarati nulli.

Come funziona il Superbonus e novità

Vediamoci meglio. Con il Superbonus (ma non solo), chi ristruttura la facciata di una casa per renderla più ecologica, anti-sismica o per ragioni di risparmio energetico, può beneficiare di una detrazione fiscale pari al 110% del costo sostenuto. Tre le vie consentite:

  1. detrazione del costo dalla dichiarazione dei redditi in dieci annualità uguali;
  2. cessione del credito a una banca o altro intermediario;
  3. sconto in fattura.

Nel primo caso, nulla da dire. E’ il metodo di funzionamento di qualsiasi detrazione fiscale, con l’unica eccezione che qui è coperto l’intero costo e il 10% in più del suo importo. Nel secondo caso, in pratica il titolare dell’immobile cede il proprio credito alla banca, la quale applica sull’importo un tasso di interesse, dato che essa potrà a sua volta portarlo in compensazione fiscale in cinque anni. A questo serve il 10% in più, a coprire il costo degli eventuali interessi. Infine, il metodo che sta andando per la maggiore: il titolare dell’immobile non paga nulla, la ditta costruttrice gli pratica lo sconto in fattura. A questo punto, essa avrà due possibilità: compensare il credito d’imposta in cinque anni o monetizzarlo subito cedendolo a una banca o altro intermediario.

Con la novità del decreto, qualora fosse convertito in legge dal Parlamento, potrà avvenire una sola cessione del credito. Questo significa che o il titolare dell’immobile lo riesce a cedere a una banca o lo farà la ditta dopo avergli praticato lo sconto in fattura. A differenza di oggi, però, le banche non potranno più a loro volta cedere il credito a terzi. Qual è la ratio della norma? Ridurre le truffe. Stanno emergendo molti casi di lavori non realizzati e per i quali sono stati ceduti i crediti alle banche. Poiché il titolare dell’immobile, non pagando nulla, non ha incentivo a verificare la corrispondenza tra contratto firmato e lavori effettuati, il governo spera di frenare i malintenzionati riducendo la possibilità di rendere liquidi i crediti fiscali.

Superbonus, la rabbia dei costruttori

L’ANCE, così come ogni altra associazione di categoria, giustamente lamentano che questo decreto non contrasti le truffe, ma finisca semplicemente per colpire il settore. Le banche incapienti non si accolleranno più alcun credito e quelle che rimarranno attive sul mercato avranno il coltello dalla parte del manico. Imporranno interessi più alti alle imprese, le quali li scaricheranno sui nuovi contratti e i prezzi dei lavori lieviteranno, anziché scendere come auspica il governo. Quanto alle frodi, non si capisce come questa stretta dovrebbe frenarle.

Fatto sta che a ridosso dell’elezione del presidente della Repubblica, il premier Mario Draghi ha combinato un pasticcio. E non è la prima volta che accade. Con il precedente decreto del 12 novembre scorso, aveva già paralizzato il settore delle costruzioni rimandando a prezziari di prossima pubblicazione per la realizzazione dei lavori. Per settimane non si è saputo se il Superbonus dal 2022 sarebbe spettato anche ai proprietari di abitazioni singole e in quale misura.

Alla fine, una volta tanto sono stati i partiti ad avere messo una pezza sui pasticci dei tecnici. Questi ignorano la portata dell’incentivo in sé. Le costruzioni, infrastrutture comprese, incidono per il 6% dell’occupazione e il 10% del PIL. Nel 2020, mentre il PIL crollava dell’8,9%, il fatturato del settore scendeva del 6,5%, frenando la caduta generale dell’economia.

L’edilizia è pro-ciclica, nel senso che tende a sostenere il PIL. Si stima che 1 euro speso nelle costruzioni genererebbe mediamente 2 euro di PIL, se non di più. Dunque, quando il governo Draghi colpisce il Superbonus, sperando di azzerare le frodi, in realtà finisce per frenare un’economia già in rallentamento dopo l’ottimo rimbalzo dello scorso anno. I partiti cercano di correre ai ripari, specie Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia dalla maggioranza e Fratelli d’Italia dall’opposizione, sebbene i primi tre abbiano votato le novità del decreto al Cdm di venerdì. Peraltro, se è verissima l’esplosione dei prezzi legati ai lavori edili anche per effetto dei vari bonus legati alle ristrutturazioni, la si potrebbe impedire o sgonfiare con azioni accorte: riducendo i massimali detraibili per ciascun immobile e/o allungando di molto o a tempo indeterminato la durata dei bonus, così da evitare la corsa alle ristrutturazioni per non perdere i vantaggi fiscali. Così è solo un harakiri economico.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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