Cina sta difendendo yuan
Per cercare di reagire a questo trend negativo, la People’s Bank of China sta cercando di difendere il cambio con la vendita di Treasuries, di cui non è più prima detentrice al mondo, superata dal Giappone. Dal picco di 1.320 miliardi posseduti nel 2013, adesso ne ha poco 1.050 miliardi e grosse cessioni sono state registrate nel novembre scorso per 66,4 miliardi. Risultato: in poco più di un anno, sono stati venduti titoli di stato USA per oltre 200 miliardi. Le autorità cinesi hanno anche imposto di recente controlli sui capitali, imponendo limitazioni agli acquisti di assets stranieri per 50.000 dollari all’anno su base individuale.
Che cosa sta accadendo? L’economia cinese sta rallentando, pur essendo cresciuta del 6,7% nel 2016, a ritmo quadruplo rispetto all’Eurozona. Ma grossa parte di questa crescita è dovuta a un eccesso di investimenti, oltre che di debiti privati. Da soli, i cinesi investono annualmente più di europei e americani messi insieme. Lungi dall’essere motivati da ragioni di redditività attesa, gli investimenti pubblici nascondono in molti casi sprechi immani e sono il frutto di una lotta tra enti locali per rendersi visibili agli occhi dello stato centrale, ingraziandosi la dirigenza politica comunista.
Economia cinese troppo indebitata
I nodi stanno arrivando al pettine: le banche sono sovraesposte, gli enti locali troppo indebitati, avendo necessitato di una ciambella di salvataggio da parte della PBoC, che ha varato un apposito QE per allungare i prestiti a rischio. L’offerta stessa appare spropositata in molti casi, come per l’acciaio, che continua ad essere caratterizzato da una produzione di gran lunga eccedente la domanda.
In queste condizioni, lo yuan perde valore, perché gli investitori temono che i fondamentali dell’economia cinese siano peggiori di quelli che i dati ufficiali lasciano credere. Da qui, la fuga dei capitali e i tentativi di Pechino di addolcirla con misure anche drastiche. Paradossalmente, la Cina non sta svalutando lo yuan, ma tenta disperatamente di stabilizzarne il cambio, cosa che sa benissimo anche Trump, il quale non a caso ha attenuato la retorica contro Pechino.