Anche la Svizzera approva l’aumento delle tasse sulle multinazionali

La Svizzera ha approvato con referendum l'aumento delle tasse sulle multinazionali, adeguandosi a un accordo OCSE del 2021.
2 anni fa
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Tasse multinazionali in Svizzera al 15%

Svizzera paradiso fiscale? Il referendum di domenica scorsa mette un po’ in dubbio questa immagine dello stato alpino. Il 79% di coloro che si sono recati alle urne ha votato a favore di una proposta di legge per imporre un’aliquota minima del 15% sui profitti delle grandi aziende. Insomma, le multinazionali pagheranno più tasse. Con il 59% è passata un’altra proposta, tesa a ridurre l’uso di combustibili fossili e tendere ad emissioni nette zero entro il 2050.

L’aumento delle tasse sulle multinazionali dovrebbe portare nelle casse confederali elvetiche 2,5 miliardi di franchi svizzeri in più ogni anno.

Ad oggi, si calcola che l’aliquota media versata da queste grandi realtà societarie nel paese sia dell’11%. Con questa decisione la Svizzera si adegua ad un accordo dell’OCSE nel 2021, a cui aderirono 137 paesi. Tra questi c’è l’Italia. Entrerà in vigore nell’Unione Europea dall’anno prossimo, anche se si attende ancora la ratifica del Consiglio europeo. Il nostro Paese stima in +3 miliardi di euro all’anno le possibili maggiori entrate. In tutta la UE il maggiore gettito sarebbe di 70 miliardi.

In cosa consiste di preciso la “minimum tax”? Ad oggi le multinazionali pagano pochissime tasse. Usano stratagemmi legali per eludere il fisco dei paesi in cui operano. Spostano la loro sede fiscale nei cosiddetti “paradisi”, spesso isole di minuscole dimensioni in cui non esistono neppure uffici veri e propri delle società. Attraverso operazioni infragruppo, riescono a spostare gran parte del fatturato in queste realtà, così da sottoporre minori profitti possibili negli altri stati alle aliquote medio-alte.

Tasse multinazionali al 15%, ecco come funziona accordo OCSE

Con l’accordo di due anni fa, le tasse sulle multinazionali aumentano ad un minimo del 15% dei profitti maturati in ciascuno stato. Vi rientrano tutte quelle società con un fatturato di almeno 750 milioni di euro all’anno per due dei precedenti quattro esercizi.

Sono esclusi per i primi cinque anni di attività, invece, le start up. Un modo per non disincentivare l’innovazione. Anche i mercati marginali saranno esentati. Si tratta di quegli stati in cui le multinazionali, pur fatturando più di 750 milioni di euro all’anno, hanno ricavi sotto i 10 milioni e un reddito non superiore a 1 milione di euro. I profitti tassati sono quelli effettivamente maturati in ciascuno stato, per cui viene meno la possibilità per questi colossi di spostare fatturato e utili laddove più conviene loro sul piano fiscale.

In Svizzera ci sono ben 2.000 multinazionali. Vi hanno sede per la semplice ragione che la tassazione elvetica è bassa e, nel complesso, la legislazione si mostra molto favorevole al mercato. Dunque, anche dopo il referendum di domenica scorsa il paese alpino non perderà la palma di “paradiso” per il mondo delle imprese. Continueranno ad esistere sufficienti ragioni per avervi sede. Così come l’Italia è e resta un “inferno” per chiunque voglia fare impresa. A parte la notevole burocrazia che ci contraddistingue e che comporta spesso perdite di tempo e denaro notevoli, l’aliquota media applicata ai profitti delle imprese è da noi del 27,9% per la CGIA di Mestre, sopra il 25,8% della Francia, il 25% della Spagna, ma sotto il 29,8% della Germania.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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