Il varo del cosiddetto “Def light” per il 2024 non ha fornito grosse novità in merito alle prossime misure di politica economica che il governo intende adottare. La parte programmatica è stata espunta per convogliare nel nuovo documento economico-finanziario previsto dall’Unione Europea. Se ne parlerà a settembre. Di certo c’è che il governo Meloni intende confermare gli impegni presi con gli elettori sul taglio delle aliquote Irpef. Ma qui il problema è e resta legato alle scarse risorse disponibili. La cancellazione del secondo scaglione per quest’anno è avvenuta con misure temporanee.
Taglio aliquote Irpef e riforma detrazioni fiscali
Una delle ipotesi al vaglio consiste nel varare una riforma delle detrazioni fiscali. Troppe e troppo costose per lo stato. Il mancato gettito di oltre 600 sconti concessi ai contribuenti è stimato in quasi 130 miliardi di euro all’anno. Per questo l’esecutivo penserebbe a finanziare il taglio delle aliquote Irpef con la riduzione di detrazioni e deduzioni per almeno una decina di miliardi. A tanto ammonterebbe l’importo che sarebbe capace di reperire già a partire dal prossimo anno. Più facile da dirsi che da mettere in pratica.
Quest’anno a pagare minori tasse sono i contribuenti con redditi superiori ai 15.000 euro all’anno. Il secondo scaglione per i redditi tra 15.000 e 28.000 euro è stato assorbito dal primo e su di esso grava l’aliquota Irpef del 23%, anziché del 25% come fino al 31 dicembre scorso. Questo comporta un risparmio d’imposta massimo di 260 euro per chi guadagna 28.000 euro o più. I redditi sopra 50.000 euro, invece, rischiano di perdere ogni beneficio. Per loro è stata introdotta una franchigia di 260 euro sulle detrazioni, volta proprio ad azzerare il vantaggio derivante dalla riforma fiscale.
Governo pensa al ceto medio
Tuttavia, dal prossimo anno il centro-destra punta a prestare maggiore attenzione al ceto medio.
- 23% fino a 28.000 euro
- 35% tra 28.001 e 50.000 euro
- 43% sopra 50.000 euro
La riduzione del carico fiscale può avvenire in tre modi: attraverso il taglio delle aliquote Irpef; l’ampliamento di uno scaglione dei redditi; un mix delle due misure precedenti. Se il governo abbassasse l’aliquota Irpef del 35%, sarebbero 10 milioni i contribuenti coinvolti dalla riforma. Chi dichiarerà 50.000 euro, rispetto ad oggi verserebbe allo stato 220 euro in meno per un’aliquota dell’1% inferiore al 35%. Se il governo abbassasse (anche) l’aliquota del 43%, ne trarrebbero beneficio i redditi sopra 50.000 euro. Ad esempio, chi guadagnasse 70.000 euro e si vedesse ridotta l’aliquota al 42%, pagherebbe 200 euro in meno all’anno. I contribuenti coinvolti sarebbero complessivamente 2,5 milioni.
Interventi possibili su secondo e terzo scaglione Irpef
Sul piano politico non sarebbe facile per il governo concentrarsi esclusivamente sulla terza aliquota. Verrebbe accusato di favorire i “ricchi”. Ecco perché sembra molto probabile che il prossimo taglio delle aliquote Irpef riguardi per la gran parte lo scaglione tra 28.000 e 50.000 euro, là dove si addensa un elettorato quattro volte più numeroso di chi dichiara oltre 50.000 euro lordi all’anno. La soluzione più elettoralmente conveniente sarebbe di ampliare il primo scaglione fin sopra il limite attuale dei 28.000 euro. Considerate che man mano che il reddito cresce, il numero dei contribuenti dichiaranti si riduce molto velocemente.
Ad esempio, se il governo si concentrasse sulla fascia tra 28.000 e 36.000 euro, facendola ricadere nel primo scaglione, il beneficio massimo sarebbe di ben 960 euro all’anno. Infatti, chi guadagna 36.000 euro, dall’anno prossimo si vedrebbe tassati gli ultimi 8.000 euro di reddito al 23% e non più al 35%.
Taglio aliquote Irpef gioco di equilibrio
Il taglio delle aliquote Irpef sarà il frutto di un equilibrio tra risorse scarse, benefici tangibili e numero dei contribuenti beneficiari. La riforma delle detrazioni fiscali verosimilmente lo renderà meno percettibile in busta paga. Sarà inevitabile perdere qualche sconto in cambio di aliquote già in partenza più basse. E’ la razionalizzazione del sistema fiscale di cui si parla da decenni senza mai arrivare a un punto di svolta. La premier Giorgia Meloni si è sempre detta intenta a perseguire una strategia di legislatura sul tema. Speriamo sia la volta buona.