Il taglio dell’Ires premiale è cosa giusta con il rischio che venga scritta sbagliata

Il governo ha concordato di puntare sul taglio dell'Ires, che è certamente un fatto positivo, anche se qualche errore può inficiarlo
36 minuti fa
2 minuti di lettura
Irpef premiale, taglio in vista
Irpef premiale, taglio in vista © Licenza Creative Commons

E’ accordo nella maggioranza sulle modifiche da apportare alla legge di Bilancio per il 2025. L’incontro di lunedì tra la premier Giorgia Meloni e i due vice e alleati Matteo Salvini e Antonio Tajani ha trovato la quadra. La materia fiscale ha assorbito gran parte della discussione, nonché delle tensioni nelle ultime settimane. Una delle novità che ha messo tutti d’accordo è stata l’introduzione della cosiddetta Ires “premiale”, che si traduce in un taglio dell’aliquota dal 24% al 20%.

Taglio Ires chiesto da Confindustria

La scorsa settimana, il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, aveva invocato maggiore coraggio su questo tema, prospettando un 2025 complicato per l’economia.

Servono, aveva dichiarato, misure di sostegno all’industria per affermare fiducia nel futuro. E dopo le polemiche tra Forza Italia e Lega, l’incontro ha portato ad una schiarita.

Non ci sarà per il momento il taglio dell’Irpef sul secondo scaglione di reddito dal 35% al 33% come richiesto dagli “azzurri”. Bisogna prima capire quale sia il gettito del concordato preventivo biennale. Il costo dell’intervento ammonterebbe ad almeno un paio di miliardi, ha spiegato Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia. Ci sarà, invece, l’aumento da 30.000 a 35.000 euro del limite per i redditi da lavoro dipendente entro cui continuare a beneficiare della flat tax per i lavoratori autonomi sui redditi fino a 85.000 euro. Era una richiesta del Carroccio, ma solo parzialmente esaudita: Salvini pretendeva l’innalzamento della soglia a 100.000 euro, inclusivi dei redditi da lavoro dipendente fino a 50.000 euro.

Imposta sui profitti

Torniamo al taglio dell’Ires. Stiamo parlando dell’imposta sui redditi delle persone giuridiche. In pratica, essa grava sui profitti di aziende come spa, srl, ecc. Un tempo si chiamava Irpeg. L’aliquota è attualmente del 24% e Confindustria chiedeva di portarla al 19% a determinate condizioni. Il governo la abbasserà al 20%, a patto che il 70% degli utili d’impresa venga reinvestito o vada a creare nuovi posti di lavoro.

Conosceremo i dettagli solo quando sarà pronto il testo. Partiamo dai numeri: il gettito Ires è stato di circa 52 miliardi nel 2023, qualcosa come quasi il 2,5% del Pil. A versarla risultano essere 1,3 milioni di aziende.

Il taglio dell’Ires è certamente una buona notizia, non solo per il mondo delle imprese. Ridurre la pressione fiscale su chi produce ricchezza stimola gli investimenti, la crescita e l’occupazione. Il vantaggio è per l’intera economia italiana. L’Ires “premiale” è un concetto che lascia per certi versi perplessi. Il legislatore vorrebbe distinguere la tassazione a seconda dell’uso che se ne fa degli utili. All’apparenza una buona idea, in quanto incentiva proprio gli investimenti e l’occupazione. Il problema è che si finisce per sussidiare questi ultimi e per creare una sorta di “bolla”.

Ires premiale distorsiva

Spieghiamoci meglio. Le imprese investono in capitale umano e beni fisici per massimizzare l’efficienza gestionale e la produzione. Quando lo stato interviene dall’esterno per rendere l’uno o l’altro fattore della produzione relativamente più conveniente, altera il mix che rende efficiente la produzione. Le imprese finiscono con l’avere o troppi lavoratori o capitale fisico in eccesso. Alla lunga, la minore efficienza si riflette in un calo della produzione e in prezzi non in linea con il mercato.

Questo è il rischio a cui può portare il taglio dell’Ires selettivo. Non è lo stato che deve decidere chi merita di pagare minori imposte. Queste devono essere quanto più neutrali possibili rispetto ai meccanismi di produzione della ricchezza. D’altronde, è da decenni che sussidiamo le assunzioni al Sud e i risultati semplicemente non esistono. Sotto Roma i tassi di occupazione restano i più bassi d’Europa. Le imprese ne approfittano semplicemente per pagare minori contributi e/o imposte per lavoratori che avrebbero assunto anche senza incentivi.

Taglio Ires sia neutrale

A mitigare tale rischio c’è il fatto che il taglio dell’Ires sarà coperto parzialmente dal punto di vista finanziario dalla cancellazione del superbonus 120% del costo per i nuovi dipendenti. Dunque, la portata distorsiva del provvedimento sarebbe compensata dall’eliminazione di un’altra distorsione simile. Con questo non vogliamo negare che sia importante sostenere l’occupazione e gli investimenti. Il concetto è che questi possono crescere con regole neutre e non con l’interventismo statale.

[email protected] 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Saldo IMU 2023, conviene pagare già ad agosto?
Articolo precedente

Saldo IMU 2024. Quando le aliquote sono valide anche se tardive? (nota MEF-come evitare errori nel versamento)

bonus prima casa
Articolo seguente

Acquisto prima casa, con questi bonus è possibile ottenere importanti agevolazioni