Mentre gli italiani tornano dalle vacanze e hanno ancora la testa al mare, alla montagna o magari alle località esotiche visitate nel periodo feriale, il governo di Giorgia Meloni ha ripreso il pieno ritmo e lavora per redigere la manovra di bilancio per il 2025. Buone notizie sono arrivate nei giorni scorsi dalle entrate fiscali: +19,2 miliardi di euro nei primi sette mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2024. Dati che favoriscono il taglio dell’Irpef che l’esecutivo intende non solo confermare, bensì anche estendere ai contribuenti con redditi medio-alti.
Taglio Irpef e Patto di stabilità
E’ naturale che Giorgetti freni i tentativi di “assalto alla diligenza” che ogni anno in queste settimane s’intensificano tra i partiti e le categorie sociali. Tuttavia, rispetto a qualche mese fa il quadro dei conti pubblici sembra essersi schiarito. La legge di Bilancio dovrebbe essere sui 25 miliardi e i timori del governo appaiono di gran lunga inferiori a quelli ipotizzati dalla stampa fino a pochissimo tempo fa. Certo, bisognerà fare molta attenzione con Bruxelles. Il Patto di stabilità è tornato in vigore e l’Italia è sotto procedura d’infrazione per deficit eccessivo insieme alla Francia ed altri stati comunitari. Dovremo correggere l’andamento del debito pubblico di almeno una decina di miliardi di euro all’anno rispetto al Pil. Ciononostante, il nuovo taglio dell’Irpef si fa strada.
I tre scaglioni attuali
Da quest’anno esistono solamente tre scaglioni di reddito:
- 23% fino a 28.000 euro lordi;
- 35% da 28.001 a 50.000 euro lordi;
- 43% sopra 50.000 euro.
In pratica, dallo scorso gennaio il governo Meloni ha accorpato le prime due aliquote, nei fatti portando a un taglio dell’Irpef per i contribuenti con redditi tra 15.000 e 28.000 euro.
Aliquote più basse e scaglioni più ampi
Con la nuova manovra, la maggioranza vuole concentrarsi sul ceto medio. Le misure allo studio sono svariate. Il sottosegretario all’Economia, Maurizio Leo, ha fatto presente che il taglio dell’Irpef riguarderebbe i redditi sopra 28.000 euro e fino a 50-60.000 euro. Per loro, ossia circa 8 milioni di contribuenti, s’ipotizza un abbassamento dell’aliquota dal 35% al 33%. Se gli scaglioni restassero quelli sopra esposti, in corrispondenza di un reddito dichiarato per 50.000 euro il risparmio d’imposta sarebbe di 440 euro all’anno.
Come detto, ci sarebbe anche la volontà dell’esecutivo di estendere il secondo scaglione fino a 60.000 euro dai 50.000 attuali. Ciò implica che alla soglia massima il contribuente risparmierebbe i 440 euro di cui sopra e altri 1.000 euro sugli ultimi 10.000 euro. Infatti, su di questi l’aliquota crollerebbe dal 43% al 33%. Il taglio dell’Irpef potrebbe prendere forme differenti, come tramite l’ampliamento del primo scaglione. Ma l’operazione risulterebbe costosa, essendo la platea dei beneficiari più affollata e trattandosi di abbassare l’aliquota di ben 12 punti percentuali (dal 35% al 23%).
Costi dell’operazione
Come sempre, bisognerà fare i conti con l’oste. La sola conferma del taglio dell’Irpef di quest’anno costa sui 4 miliardi. L’impegno più che raddoppierebbe con le nuove misure. E c’è da aggiungere la conferma del taglio del cuneo fiscale sui redditi fino a 35.000 euro all’anno, che da solo vale altri 10 miliardi. Ecco che bisognerà attendere verosimilmente fino a tutto ottobre per capire cosa e quanto di questi discorsi si farà.
Taglio Irpef per ceto medio non più rinviabile
L’intenzione del governo di centro-destra sarebbe di arrivare, se non alla flat tax per tutti, perlomeno a due sole aliquote entro la fine della legislatura. Per i contribuenti di fascia medio-alta c’è stato un inasprimento delle aliquote con il governo Draghi. Fino al 2021 i redditi tra 55.000 e 75.000 euro pagavano il 41% e solo sopra tale soglia il 43%. A fronte di un taglio dell’Irpef sui redditi medio e bassi, per loro è arrivata la stangata sugli scaglioni di reddito più alti. Ma continuare ad escludere il ceto produttivo dai benefici fiscali non è più accettabile. Su di essi ricade il 60% del gettito, pur pesando per appena il 14% della platea complessiva dei contribuenti.