E’ stato già definito “Qatargate” e di certo si tratta di una delle più grandi inchieste di corruzione che coinvolge niente di meno l’Europarlamento. Sul finire della scorsa settimana, la notizia choc di alcuni eurodeputati del gruppo socialista arrestati per un presunto giro di tangenti pagate loro dal Qatar. Fermata anche la vice-presidente Eva Kaili, di nazionalità greca. Gli italiani coinvolti sono l’ex PD Antonio Panzeri, il segretario generale dell’organizzazione internazionale dei sindacati, Luca Visentini e l’assistente parlamentare Francesco Giorgi.
Nell’abitazione di Panzeri sono stati trovati ben 500.000 euro in contanti, mentre a casa di Kaili le banconote frutto della sospetta opera di corruzione sarebbero state rinvenute dentro ad alcuni sacchi. Una vergogna per le istituzioni comunitarie, che rischiano la faccia su una vicenda simile. Anche perché l’inchiesta sembra allargarsi e ieri è stata effettuata la perquisizione domiciliare a un eurodeputato belga. Nel frattempo, anche i conti dei familiari stretti di Kaili sono stati bloccati.
Dietro le tangenti ai socialisti
L’inchiesta sta avvenendo mentre in Qatar si giocano le ultime partite dei mondiali di calcio, la cui assegnazione stessa sembra essere avvenuta a seguito della corruzione di una dozzina di funzionari della FIFA. Doha respinge le accuse, sostenendo di essersi sempre attenuta alle leggi internazionali. Ma gli elementi dell’accusa appaiono forti. Di preciso, cosa avrebbe voluto ottenere l’emirato con le tangenti? Anzitutto, giudizi positivi a beneficio della sua immagine prima dei mondiali.
E di fatto, i sospettati si sono spesi per notare i forti progressi del Qatar sul rispetto dei diritti dei lavoratori. Analoga è stata la posizione di queste settimane della FIFA, in barba ai 6.500 morti che sarebbero avvenuti sul lavoro in questi anni durante la costruzione degli stadi.
L’accordo trovato dall’Europarlamento è stato di compromesso: liberalizzazione dei visti fintantoché non ci sarà una esecuzione a morte nel Qatar. Criteri più rigidi per il Kuwait: nessuna liberalizzazione finché non sarà approvata una moratoria sulla pena di morte. Insomma, alla fine Doha l’avrebbe spuntata. Ma il Qatargate rimette tutto in discussione. Per l’Europa, l’occasione per rialzare la testa dopo essere stata “umiliata” dalla presunta opera di corruzione degli sceicchi.
Numeri del Qatar
Tuttavia, Bruxelles non può alzare la voce più di tanto. Il Qatar è diventato un alleato con cui confrontarsi per allentare la dipendenza energetica dalla Russia. L’emirato possiede il 12% delle riserve di gas accertate di tutto il mondo, qualcosa come 24.250 miliardi di metri cubi, corrispondenti a quasi 59 anni di consumi dell’Unione Europea.
Le esportazioni di gas dal Qatar incidono ancora solo per il 5% del fabbisogno europeo. Di recente, la Germania ha firmato un accordo per importare 2 milioni di tonnellate in 15 anni a partire dal 2026. Troppo poco. Equivale ad appena il 3% dei consumi tedeschi annuali. D’altra parte, l’emirato dispone di una capacità di esportazione di 107 miliardi di metri cubi di LNG, gas naturale liquido.
Dunque, il Qatar serve all’Europa per tagliare le importazioni di gas russo. Il paese conosce la propria rilevanza strategica e negli ultimi anni ha persino giocato ambiguamente sul piano geopolitico, flirtando con l’Iran e finendo per questo isolato e sotto embargo nel Golfo Persico.