Dall’evasione fiscale ai diritti dei lavoratori, le ragioni per contrastare il lavoro nero non sono poche, ma a volte per il lavoratore è l’unica occasione che si ha per portare soldi a casa. E per gli imprenditori? Spesso anche loro sono costretti ad aggirare il sistema per scrollarsi di dosso una pressione fiscale difficilmente sostenibile dagli affari. Di chi è quindi la colpa? È innegabile ci siano anche dei veri e propri furbetti, sia da una parte che dall’altra. Magari cittadini che fanno il doppio lavoro, con un secondo sommerso per non far salire il proprio reddito, e imprenditori che puntano a mascherare i proprio dipendenti soltanto per arricchirsi di più.
Lo scopo della task force
Il Governo Meloni ha di recente istituito una task force per indagare sul lavoro sommerso. Come detto, oltre a tutelare i diritti dei lavoratori, c’è anche l’esigenza di combattere l’evasione fiscale, problema che si è palesato di recente nel nostro Paese perfino con le agevolazioni lanciate dalla rottamazione quarter e i 100 milioni di buco con il fisco. L’obiettivo è scovare il lavoro sommerso attraverso l’aumento del numero di ispezioni. La task force è presieduta dal dott. Paolo Pennesi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e include rappresentanti di varie istituzioni, tra cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero dell’Interno, il Ministero della Salute, l’Inps, l’Inail, l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro.
Come abbiamo visto, quindi, a loro supporto anche la Guardia di Finanza e il Comando dei Carabinieri. E non mancheranno alla collaborazione anche altre importanti amministrazioni pubbliche, su tutte il Ministero del Lavoro, ma anche l’Inps, l’Inail e l’Agenzia delle Entrate.
Lavoro nero, di chi è la colpa?
In un mondo giusto a rischiare devono essere soltanto i veri colpevoli. Ma chi in nella realtà dei fatti il responsabile del lavoro nero nel nostro Paese? Nel nostro incipit abbiamo fatto un quadro generale della situazione, cercando di disegnare brevemente tutti i possibili interpreti del cosiddetto lavoro sommerso, ossia quelli che ci sono costretti per ragioni varie, e quelli che invece ci marciano, anzi scientemente preferiscono trasgredire le regole per guadagnare di più, anche quando non ne hanno realmente bisogno. Nella lente d’ingrandimento della grande ispezione ci sono sia le grandi che le piccole imprese. Alcuni settori però sono più noti per l’inclinazione al lavoro sommerso, e sono l’edilizia, l’agricoltura, il turismo e i servizi domestici.
È innegabile quindi che per questi settori ci sarà un’attenzione particolare da parte della task force, la quale appunto mira a individuare i lavoratori che non sono stati regolarmente assunti. Cosa rischia il datore di lavoro? La commissione ha stabilito dei parametri, un vero e proprio tariffario di sanzioni. Fino a 30 giorni di lavoro nero si rischia una multa da 1800 a 10800 euro. Da 31 a 60 giorni le multe partono da 3100 a 21600 euro. Oltre i 60 giorni invece si parte da sanzioni di 7200 euro e si può arrivare fino a 43200 euro. In caso di recidiva le sanzioni possono essere maggiorate fino al 30%. Le cifre si applicano all’imprenditore per ogni lavoratore coinvolto. Quest’ultimo invece non è soggetto a sanzioni, a meno che nel frattempo non faccia uso di ammortizzatori sociali, come ad esempio quelli offerti ai disoccupati.
Riassumendo…
- stop lavoro nero, il Governo istituisce nuova task force;
- la lotta al lavoro sommerso riguarderà sia grandi che piccole imprese in ogni settore;
- le sanzioni saranno molto salate, il datore di lavoro rischia fino a oltre 43 mila euro di multa per ogni lavoratore coinvolto.