Un terreno di battaglia cruento è quello che si sta preparando attorno alla questione sulla tassa sulla concessione governativa dei telefoni cellulari per gli enti locali. Mentre il Fisco ribadisce che la concessione governativa sui telefoni cellulari in abbonamento, la cosiddetta Tgc, esiste ancora e va pagata, dall’altra parte i comuni non ci stanno, facendosi forza sulle tesi della giurisprudenza di merito che prevedono l’esenzione per le amministrazioni dal versamento della tassa in questione. A stabilire vinti e vincitori, sarà una prossima decisione della Corte di Cassazione, che metterà la parola fine alla diatriba.
Tassa concessione governativa cellulari: il riferimento è il Dpr n 641 1972
Dal punto di vista prettamente normativo, è stato il Dpr n. 641 del 1972, all’articolo 21 della Tariffa allegata, a sancire per la prima volta come chiunque si trovi in possesso di un telefono cellulare in abbonamento, ha l’onere di pagare mensilmente 12,91 euro per i contratti business e 5,16 euro per i contratti privati. Sostituto d’imposta è il gestore di telefonia mobile, a cui deve essere versata la Tcg, che risulta addebitata direttamente nella bolletta.
Il nuovo Codice delle telecomunicazioni, il dlgs n. 259/2003, nell’ottica di liberalizzare la fornitura dei servizi telefonici, all’articolo 218 ha abrogato espressamente l’articolo 318 del Dpr n. 156/1973. Quest’ultimo in particolare stabiliva che “presso ogni singola stazione radioelettrica di cui sia stato concesso l’esercizio deve essere conservata l’apposita licenza rilasciata dall’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni. Per le stazioni riceventi del servizio di radiodiffusione il titolo di abbonamento tiene luogo della licenza”.
Tassa governativa telefonia mobile: i comuni insorgono
Risalgono al 2009, una serie consistente di richieste di rimborsi da parte di comuni ubicati nel Nord Italia, all’Amministrazione finanziaria per la tassa in questione, che era stata corrisposta in un periodo compreso tra il 2006 e il 2008.
Il rimborso tassa concessione governativa cellulari
Parlando di rimborso della tassa, pare opportuno soffermarsi sulle modalità operative per poterlo richiedere e in modo particolare il termine entro cui può essere richiesto. Così si specifica che l’ istanza di rimborso deve essere presentata entro 3 anni dal versamento. La norma di riferimento è contenuta nel Dpr 641 del 1972, ove è l’articolo 13 che stabilisce come il contribuente possa domandare la restituzione delle concessioni governative erroneamente pagate “entro il termine di decadenza di tre anni a decorrere dal giorno del pagamento o, in caso di rifiuto dell’atto sottoposto a tassa, dalla data della comunicazione del rifiuto stesso”.
Il ricorso alle Cpt
Tornando ai comuni richiedenti, di fronte al fermo rifiuto delle Entrate a procedere ai rimborsi, questi sono ricorsi in messa dinanzi alle competenti commissioni tributarie. Mentre i governatori locali sostengono il venir meno del presupposto di applicazione della tassa in questione, poichè la concessione è stata sostituita dal contratto, ad opera della liberalizzazione del mercato della telefonia, avvenuto già nel lontano 2003, passando così da un atto amministrativo tipico di diritto amministrativo, in cui la PA assume una posizione di superiorità rispetto al privato, ad un atto tipico di diritto privato che presuppone al contrario una posizione di parità tra le parti contraenti. Secondo i comuni in merito alla Tgc è avvenuta un’abrogazione implicita. Come spiegano gli stessi comuni, per voce dei loro legali “la Tcg è sì una tassa, cioè una prestazione pecuniaria richiesta dallo Stato al cittadino in cambio di una controprestazione, ma fino al 2003 la controprestazione che lo Stato dava al cittadino era il servizio di gestione di telefonia. Ora il dlgs n. 259/2003 ha liberalizzato il servizio. Il diritto d’uso dei cellulari, oggi,” – secondo quanto dispongono gli stessi comuni che hanno visto negarsi il loro diritto al rimborso da parte dell’Agenzia delle Entrate – “ rientra nel “patrimonio giuridico” di chiunque. Non si tratta più di un diritto pubblico, concesso caso per caso al singolo soggetto, bensì di un diritto soggettivo. Come è possibile pagare una tassa su di una concessione che non esiste? Questa tassa è evidentemente ingiusta. Siamo fiduciosi che anche la Cassazione ne accerti l’illegittimità”.
Le resistenze del Fisco
Dal canto suo, le Entrate, non solo rifiutano il rimborso chiesto a gran voce dalle amministrazioni comunali, ma hanno sottolineato in più occasioni che la tassa sulle concessioni governative è tuttora esistente e come tale tutti i cellulari in abbonamento devono essere soggetti all’imposta in questione, anche quelli dei comuni. La stessa Agenzia ha precisato tali sue osservazioni in una recente risoluzione, la n. 9/E del 18 gennaio 2012, in cui tra l’altro ribadiva come anche dopo l’ abrogazione dell’articolo 318 del Dpr n. 156/1973, il presupposto di applicazione della Tcg sui servizi radiomobili non risulta modificato. Il titolo giuridico con cui l’utente può utilizzare il telefonino e di conseguenza pagare la tassa suddetta, è il documento sostitutivo che rilascia il gestore di telefonia mobile quando viene approvata la richiesta di abbonamento.
La giurisprudenza di merito
Sul punto si è espressa anche la giurisprudenza di merito cha ha accolto la tesi delle amministrazioni comunali, riconoscendole come pubbliche amministrazioni, che sono esenti dal versamento della tassa, alla stessa stregua delle amministrazioni centrali dello Stato.
Abolizione tassa concessione governativa cellulari: attesa per sentenza Cassazione
Una situazione problematica questa che attende una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, che se darà ragione ai comuni, indicando che la tassa sulle concessioni governative sui telefonini è illegittima, finirà per capovolgere una serie di circostanze.