In un nostro precedente approfondimento avevamo già messo in evidenza la convenienza, soprattutto per le imprese , ad acquistare crediti edilizi da superbonus, bonus ristrutturazione, sisma bonus, ecc, per poi pagare imposte e contributi previdenziali; infatti, se l’impresa o un privato, acquistano un credito che ha un valore nominale pari a 100 e lo pagano 80, il credito potrà essere utilizzato per pagare imposte e contributi pari a 100 dunque per un importo pari al valore nominale del credito stesso.
Da qui, sia per le imprese che per i privati può essere conveniente acquistare crediti edilizi.
C’è però l’altra faccia della medaglia. Nel senso che questo differenziale tra valore nominale e prezzo pagato per acquistare il credito, potrebbe essere oggetto di tassazione o meglio di imposizione.
Dunque, la domanda che ci stiamo ponendo è se l’acquisto di crediti edilizi comporta il pagamento di imposte. Ebbene, è necessario fare un discorso differenziato a seconda se chi acquista il credito è un’impresa o un privato.
La cessione del credito per le imprese
Per quanto riguarda le imprese, ci viene in aiuto la risposta, Agenzia delle entrate n°105 del 2020.
In tale sede, era stato messo in evidenza come la differenza tra valore nominale e costo di acquisto del credito, ai sensi dell’articolo 88 del DPR 917/86, TUIR, rappresenta una sopravvenienza attiva. Che concorrerà alla formazione del reddito imponibile nell’esercizio in cui il credito è acquisito.
Successivamente, per quanto riguarda il corretto trattamento contabile dell’operazione, l’OIC con un documento datato 3 agosto 2021, ha chiarito che:
- la società cessionaria – per effetto dell’acquisizione – rileva in bilancio un credito tributario valutato ai sensi dell’OIC 15.
- la società cessionaria può utilizzare il credito tributario in compensazione o cederlo.
- trattandosi di un credito acquistato e non generato la società cessionaria iscrive il credito tributario al costo sostenuto.
Nel caso in cui un tasso di attualizzazione è desumibile dal mercato allora l’iscrizione avviene al valore attuale delle compensazioni future.
Da qui:
la società cessionaria, nel caso in cui decidano di utilizzare il credito in compensazione, rilevano la differenza tra il valore di iscrizione del credito tributario e il suo valore nominale in quote costanti, lungo il periodo di tempo in cui la legge consente di utilizzare il credito in compensazione, a conto economico nella voce proventi finanziari.
Nel bilancio della società cedente la differenza tra il corrispettivo pattuito per il credito tributario ceduto e il valore contabile risultante in bilancio al momento della cessione è rilevato al conto economico come onere o provento.
La cessione del credito per i privati
Quanto detto finora vale per le imprese. Per quanto riguarda i privati, innanzitutto è utile ricordare che la prima cessione del credito è libera, anche dopo lo stop alla cessione, per i crediti cedibili rimane tale assunto.
Dunque, anche i privati possono decidere di acquistare un credito edilizio. Ad esempio, Tizio, persona fisica che ha ristrutturato la propria casa con il superbonus, può decidere di cedere il credito pari alla detrazione spettante anche a un familiare. O ad altro soggetto estraneo al rapporto che ha generato lo stesso credito.
In merito alla tassazione in capo al cessionario privato della differenza tra valore nominale e costo di acquisto del credito, l’orientamento è di non considerarla elemento tassabile.
Tuttavia, in attesa di chiarimenti potrebbero entrare in gioco le regole di tassazione previste per le plusvalenze. O per i redditi di capitale.