Una circolare dell’Agenzia delle Entrate fornisce delucidazioni in merito ai criteri adottati per il pagamento delle tasse sugli immobili in Italia di soggetti residenti all’estero. Come cantava Giorgio Gaber con il brano Io non mi sento italiano: “Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono. Questo bel Paese, pieno di poesia ha tante pretese“. L’Italia è uno dei Paesi più affascinanti del mondo. Ricco di storia, cultura, tradizioni e paesaggi mozzafiato, sono tanti i motivi per cui merita di essere visitata e vissuta.
Non sempre e non tutti, purtroppo, trovano nel nostro Paese le condizioni ideali per vivere come desiderato o svolgere, ad esempio, il lavoro dei sogni. Da qui la decisione di varcare i confini e cercare fortuna altrove. Questo, però, non vuol dire tagliare del tutto i ponti con l’Italia. Ad esempio una persona può lavorare all’estero ma continuare a possedere un immobile in Italia. In questo modo ha sempre a disposizione una struttura dove sistemarsi quando decide di far visita ai suoi familiari o amici di vecchia data. Proprio i legami affettivi sembrano siano finiti al centro dell’attenzione del Fisco. Quest’ultimo, infatti, può considerare tale elemento come parametro di riferimento per quanto concerne il pagamento delle tasse.
Tasse immobili in Italia residenti all’estero: la circolare shock
Attraverso la circolare numero 20/E del 4 novembre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti delucidazioni in merito agli effetti delle modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale in tema di residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti in vigore dal 2024. A tal proposito viene chiarito che, in seguito alle recenti modifiche normative, la semplice presenza sul territorio dello Stato italiano, per la maggior parte del periodo d’imposta , ovvero 183 giorni in un anno o 184 giorni se si tratta di un anno bisestile, incluse le frazioni di giorno, viene considerato sufficiente a configurare la residenza fiscale nel nostro Paese.
“La nuova disposizione prevede che: “Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente”.
Criterio di radicamento della residenza fiscale in base al domicilio
In pratica il legislatore ha deciso di dare precedenza alle relazioni personali rispetto a quelle prettamente economiche. A titolo di esempio viene riportato il caso di un soggetto che decide di iscriversi all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, ovvero AIRE, e inizia a lavorare all’estero. Il tutto salvo continuare a mantenere una casa in Italia, con tanto di utenze attive e dove trascorre alcuni periodi in cui non lavora. Una circostanza di questo tipo potrebbe essere considerato sintomatica del mantenimento di un legame stretto con l’Italia, tanto da poter addirittura far configurare il domicilio nel nostro Paese. Non bisogna comunque fare di tutta l’erba un fascio. Si tratta di valutazioni che vengono svolte per ogni singolo caso, tenendo conto: “della varietà di fattispecie che possono concretamente verificarsi e della molteplicità degli elementi che, nelle differenti situazioni, possono essere presi in considerazione”.