Il ritorno dalle ferie di agosto si preannuncia pieno di appuntamenti rilevanti sul piano politico ed economico. Uno di questi sarà il board della Banca Centrale Europea (BCE) in programma il prossimo 14 settembre, quando sapremo se i tassi di interesse saranno alzati ulteriormente o se l’istituto si prenderà almeno una pausa. Nel frattempo, il governo italiano non rinuncia alla polemica contro il governatore Christine Lagarde. L’ultima occasione è arrivata dal Meeting di Rimini, come ogni anno organizzato da Comunione e Liberazione.
Insomma, Roma continua a bombardare verbalmente Francoforte nella speranza (vana) di spostarne a proprio favore l’orientamento di politica monetaria. Un’operazione destinata a fallire. Solo i dati macro spingerebbero eventualmente il board a sospendere l’aumento dei tassi BCE a settembre. Un po’ come avvenne a giugno negli Stati Uniti con la Federal Reserve. Preoccupa senz’altro lo stato dell’economia in gran parte dell’Eurozona, Germania in testa. E ora che l’Olanda è caduta in recessione, tutto è possibile.
Governo Meloni gioca carta Franco
Nel frattempo, Daniele Franco è stato ufficializzato come candidato del governo Meloni per la poltrona di consigliere esecutivo alla BCE al posto di Fabio Panetta. Questi è stato indicato nei mesi scorsi quale futuro governatore della Banca d’Italia al posto dell’uscente Ignazio Visco, al termine del suo secondo mandato. Franco è stato vice-governatore di Palazzo Koch e anche ragioniere dello stato. Tra inizio 2021 e fine 2022, poi, ricoprì il ruolo di ministro dell’Economia nel governo Draghi.
Franco è un nome certamente gradito all’establishment dell’Unione Europea. La sua nomina, tuttavia, non è automatica. Secondo una regola non scritta, i tre principali paesi dell’Eurozona (Germania, Francia e Italia) hanno diritto di esprimere un loro connazionale tra i consiglieri esecutivi.
Aumento tassi BCE, determinante inflazione agosto
Tornando all’aumento dei tassi BCE, il governo Meloni punta le sue carte su Franco per spingere da dentro l’istituto ad ammorbidire la sua posizione. L’Italia teme una contrazione del credito con conseguenti contraccolpi sugli investimenti delle imprese e i consumi delle famiglie. Delicata la situazione sui mutui, con le rate di numerosi contratti siglati di recente a tasso variabile ad essersi impennate. Anche ciò starebbe contribuendo a ridurre le spese delle famiglie e a fiaccare i dati sul turismo, passati in breve dal prospettare un’annata da record al palesare un flop.
Il punto è che con un’inflazione a luglio al 5,3% in media nell’Eurozona, lo stop all’aumento dei tassi BCE resta difficile. A meno che lo shock provocato dal crac di Evergrande in Cina faccia sentire i suoi effetti nelle prossime settimane, convincendo Francoforte ad essere più prudente. Determinante sarebbe, infine, il dato sull’inflazione di agosto. Solo una discesa vistosa sia del dato generale che di quello “core” farebbe pendere la bilancia un po’ più dalla parte delle “colombe”. Ma le continue esternazioni dell’Italia contro Lagarde non giovano alla causa. Franco sarà senz’altro nervoso, temendo un qualche sgambetto europeo ai suoi danni e quale ritorsione contro le critiche di Roma.