Sono state sedute burrascose per le banche italiane in borsa. Non c’è stato solo il lunedì nero dei mercati globali dopo il crollo della Borsa di Tokyo. Si sono accavallate le voci su una possibile riedizione della tassa sugli extra-profitti delle banche. Dopo qualche giorno di indiscrezioni è arrivata la secca smentita del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Egli ha parlato, comunque, della necessità di far pagare agli istituti le tasse sui profitti, come per tutte le altre imprese. E mentre la frase rimane almeno in parte oscura, altre indiscrezioni vogliono che il governo vari una norma in base alla quale le banche sarebbero obbligate a fissare tassi di interesse sui conti correnti dei clienti.
Profitti record per banche con aumento tassi BCE
Proprio l’8 agosto del 2023 compiva un anno il varo della tassa sugli extra-profitti delle banche. Un progetto pasticciato, che provocò al tempo il crollo degli indici azionari bancari a Piazza Affari. Le proteste del settore convinsero il governo a correre ai ripari, ammorbidendo le soglie per la stangata e successivamente offrendo un’alternativa: capitalizzarsi. Di fatto, nessun istituto ha versato un euro in più allo stato, optando proprio per l’accantonamento a riserva. Il governo sostiene che questa misura abbia rafforzato il patrimonio delle banche, costituendo le condizioni per erogare maggiori prestiti all’economia reale.
Da cosa nasce la tassa sui cosiddetti extra-profitti? Da quando la Banca Centrale Europea iniziò ad aumentare i tassi di interesse, le banche hanno da un lato aumentato i tassi sui prestiti a famiglie e imprese, mentre dall’altro hanno aumentato di poco quelli sui depositi dei clienti. In questo modo, hanno aumentato il margine d’interesse e realizzato in molti casi profitti record.
Costo extra per banche, vantaggio per risparmiatori
Poiché, come dicevamo, la tassa sugli extra-profitti non ha funzionato ed è stata ampiamente criticata dalla stampa finanziaria estera, il governo non vuole e non può permettersi di replicare l’errore.
Non si tratterebbe di un’imposta, bensì di un costo imposto per legge a vantaggio dei risparmiatori. L’opzione può presentare profili di illegittimità sul piano normativo, mentre in Francia dal Secondo Dopoguerra esiste una legge che impone alle banche di adeguare periodicamente i tassi (per loro passivi) al costo del denaro. Ad ogni modo, una non soluzione. Se le banche offrono poco e niente ai clienti attraverso i tassi sui conti correnti, è perché traboccano di liquidità e (in qualche caso) non sempre c’è grande concorrenza.
Tassi conti correnti obbligatori, aumento gettito dubbio
L’imposizione legale appare una scorciatoia dagli esiti probabilmente non dissimili da quelli intravisti con la tassa sugli extra-profitti. Il retropensiero del governo sarebbe di vedere aumentato il gettito fiscale. Come? Se le banche sono costrette a fissare tassi minimi sui conti correnti, questi saranno sottoposti a tassazione con aliquota del 26%. Tutto vero, ma parimenti si ridurrebbero i profitti delle banche e con essi anche il relativo gettito. Insomma, lo stato non si aspetti di cavare un ragno dal buco.