Il dato era grosso modo atteso: l’inflazione nell’Eurozona è risalita al 2% nel mese di ottobre. Era all’1,7% a settembre. Le previsioni erano per un rialzo più contenuto all’1,9%. Invariata l’inflazione “core” al 2,7%, che pur ai minimi dal febbraio del 2022, resta ben sopra il target del 2%. Una sfilza di cifre per dire che la crescita dei prezzi al consumo nell’area si è attestata allo stesso livello fissato dalla Banca Centrale Europea (BCE) come obiettivo di medio periodo. Questo ci consegna una lettura ambigua circa la direzione dei tassi di interesse a dicembre.
Tassi a dicembre, ipotesi maxi-taglio resta in piedi
Il mercato ci crede, se è vero che scontava ieri persino un maxi-taglio dello 0,50% con probabilità dell’84%. La stessa Christine Lagarde, che è alla guida della BCE, si dichiarava convinta del percorso disinflazionistico in atto. Poi, ci dobbiamo sempre calare nella realtà operativa concreta per capire come effettivamente si muoverà il board sui tassi a dicembre. Per un quarto taglio serve un consenso amplissimo, magari non unanime, ma certamente non a maggioranza semplice. A maggior ragione se sul tavolo ci fosse l’opzione “maxi”.
Dieci economie sopra target d’inflazione
Ciascun governatore e componente del board tende a decidere in base all’andamento dell’inflazione nel proprio paese. Nessuno lo ammetterebbe mai, neanche sotto tortura, ma poiché non abbiamo l’anello al naso, ve lo possiamo affermare con assoluta convinzione. Ebbene, delle venti economie dell’Eurozona, ben dieci ad ottobre registravano tassi d’inflazione sopra il target del 2%:
- Belgio 4,7%
- Estonia 4,5%
- Croazia 3,5%
- Slovacchia 3,5%
- Olanda 3,3%
- Grecia 3,2%
- Portogallo 2,6%
- Germania 2,4%
- Malta 2,3%
- Lettonia 2,1%
Pur tenendo presente che i rappresentanti di paesi come Grecia e Portogallo siano solitamente “colombe”, cioè propensi a contenere il livello dei tassi di interesse, non può sfuggire che grandi economie come Germania, Belgio e Olanda registrino ancora tassi d’inflazione elevati.
Economia Eurozona meglio del previsto
Un’altra non ammissione del board riguarda il legame tra azioni e obiettivi di politica monetaria e crescita economica. In teoria, l’unico mandato perseguito dalla BCE riguarda il mantenimento della stabilità dei prezzi. Ma è anche vero che l’economia nell’Eurozona non stia andando bene. Solo che nel terzo trimestre è andata meglio del previsto: +0,4% congiunturale contro il +0,2% atteso. Nella stessa Germania, anziché arretrare dello 0,1%, il Pil è salito dello 0,2%. C’è da dire che nel caso tedesco è stato più un fatto statistico: il Pil nel secondo trimestre è stato rivisto al ribasso da -0,1% a -0,3%, per cui la crescita c’è stata rispetto a un livello più basso.
Fatto sta che tra economia più resiliente e inflazione più alta delle previsioni, il taglio dei tassi per dicembre si allontanerebbe. Perlomeno, non dovrebbe essercene uno dello 0,50% ancora scontato dal mercato. Ma è presto per dire l’ultima parola. Da qui a fine anno avremo disponibili i dati sull’inflazione di novembre e l’aggiornamento delle previsioni macro a tre anni. Inoltre, tra pochi giorni conosceremo il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti. La vittoria dell’uno o dell’altro candidato non sarà ininfluente per l’Area Euro. Il problema sarà, semmai, interpretarla nel modo giusto. Ad esempio, se vincesse Donald Trump, la sua politica sui dazi da un lato ridurrebbe le prospettive di crescita per l’economia europea, dall’altro tenderebbe a inflazionarla. Viceversa nel caso vincesse Kamala Harris.
Tassi a dicembre, ancora troppe ambiguità
In definitiva, aleggiano troppe ambiguità per affermare che i tassi a dicembre scenderanno e in quale misura.