L’ultimo rapporto dell’Associazione bancaria italiana relativo al mese di settembre ci consegna la fotografia di un mercato del credito in evoluzione. Alcuni dati sono più salienti di altri. Per prima cosa, il tasso medio sui nuovi mutui erogati risulta sceso leggermente dal 4,29% di agosto al 4,23%. Piccoli movimenti, ma che potrebbero segnalarci che l’apice dei tassi sia stato raggiunto. Nel frattempo, continuano a lievitare i tassi di interesse sui conti deposito, passati da 0,79% a 0,83%. In ogni caso, la remunerazione del risparmio resta assai contenuta, se considerate che in poco più di un anno la Banca Centrale Europea (BCE) abbia alzato i tassi da 0 al 4,50%.
Più investimenti, meno liquidità
C’è un’altra apparente buona notizia per le banche italiane, che a settembre sono riuscite ad attirare nuovamente depositi tra la clientela diretta: +12,7 miliardi a quota 1.764 miliardi di euro. Tuttavia, il confronto annuale resta molto negativo: il calo è stato di 76,5 miliardi. C’è stata anche una forte risalita degli investimenti in obbligazioni bancarie per 5,6 miliardi a 239 miliardi. Su base annua, siamo a +34,5 miliardi. Numeri che spiegano cosa stia accadendo da qualche tempo a questa parte. Le famiglie si tengono meno liquide e cercano di approfittare delle opportunità d’investimento che si trovano sul mercato anche correndo bassi rischi, come titoli di stato e, in generale, l’obbligazionario.
Male, invece, gli impieghi. Le banche italiane a settembre avevano erogato prestiti al settore privato per 1.428 miliardi, in calo di 3 miliardi mensili e di 66,9 miliardi annuali. Ad occhio, comprendiamo che il monte-prestiti sia decisamente inferiore alla raccolta tra i clienti. In poche parole, le banche prestano molti meno soldi di quelli che hanno a disposizione tramite la clientela. Il rapporto prestiti/depositi risulta sceso all’8,1% dall’81,2% di un anno prima. Considerate, però, che esattamente cinque anni prima sfiorava la parità: 98,6%. E negli anni precedenti ancora, superava il 100%.
Prestiti banche in costante calo
Questi dati spiegano cosa stia accadendo da molti anni a questa parte. Le banche hanno smesso di fare credito a famiglie e imprese. Di conseguenza, i consumi di beni durevoli e gli investimenti sono diminuiti e con essi il tasso di crescita economico. Da questo punto di vista, magra consolazione il lieve calo dei tassi sui mutui. Potrebbe semplicemente segnalare minori richieste di finanziamento da parte delle famiglie alle banche per l’acquisto di un’abitazione. Un mercato del credito sostanzialmente “congelato”, perché la domanda non tira e l’offerta non è poi così disponibile.
E dove investono le banche italiane? Ad agosto, detenevano 370,5 miliardi di euro in titoli di stato italiani, quasi i due terzi dell’intero portafoglio titoli. Dal loro punto di vista, i BTp sono un affare. Offrono alti rendimenti senza rischi apprezzabili. Anziché finanziare un’attività produttiva o un mutuo con tutti i rischi che ne conseguono, meglio buttarsi sul debito pubblico. Un trend spiacevole per l’economia italiana, perché crea un effetto spiazzamento a favore dei BTp e che danneggia gli investimenti, ossia la crescita.
Tassi mutui giù, inversione di tendenza?
Tornando ai tassi sui mutui, difficile capire se il dato di settembre possa rappresentare una svolta o sia solo un calo episodico prima di una certa stabilizzazione del mercato. Sappiamo che l’Euribor a 3 mesi si è stabilizzato attorno al 4% e che ad esso fanno riferimento i mutui a tasso variabile. Questi incidono, però, per una percentuale minoritaria sulle nuove erogazioni. Pertanto, il calo dei tassi sarebbe perlopiù attribuibile ai mutui a tasso fisso, dipendenti dall’Eurirs alle varie scadenze. E questi tassi hanno continuato a salire sul mercato a settembre, salvo arretrare nel mese corrente. Che le banche abbiano anticipato la tendenza in atto?