Tassi sui mutui in calo, ma il margine per le banche s’impenna e i prestiti vanno giù

I tassi sui mutui iniziano a scendere, ma le banche italiane migliorano il margine d'interesse a dicembre. E scendono ancora i prestiti.
10 mesi fa
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Tassi mutui in calo, migliora ancora il margine d'interesse
Tassi mutui in calo, migliora ancora il margine d'interesse © Licenza Creative Commons

L’ultimo rapporto mensile dell’Associazione bancaria italiana (Abi) relativo al mese di dicembre ci offre almeno cinque spunti di riflessione su altrettanti temi di interesse pubblico. Il primo è una buona notizia: i tassi di interesse sui nuovi mutui erogati scendono dal 4,50% al 4,42%. La conferma di un’inversione di tendenza che si registra in concomitanza con il calo dei rendimenti di mercato e con il ripiegamento del mercato dei prestiti ipotecari a causa della stretta monetaria varata dalla Banca Centrale Europea per fermare la corsa dell’inflazione.

Tassi mutui giù, ma spread banche su

Contrariamente a quanto possiamo supporre, però, il margine d’interessespread per le banche italiane è aumentato da 192 a 220 punti base o 2,20%. Esso capta la capacità degli istituti di credito di fare utili attraverso l’attività ordinaria. Va detto, comunque, che un anno prima tale margine risultava salito a 260 punti o 2,60%. Dunque, nel 2023 i tassi sulla raccolta del risparmio tra i clienti sono cresciuti più velocemente dei tassi su prestiti e mutui.

Conti deposito e correnti più convenienti

Possiamo anche affermare che, con un certo ritardo e pur in modo ancora imparziale, le banche abbiano adeguato anche i loro tassi passivi (attivi per i risparmiatori) alle mutate condizioni di mercato. In effetti, sui conti deposito il tasso medio è salito da 0,45% a 0,96% e sui conti correnti da 0,15% a 0,53%. Sui nuovi conti deposito, poi, il tasso è salito dal 2,16% al 3,91%. Era allo 0,48% a fine 2021, quando ancora i tassi di interesse erano a zero.

E veniamo alla raccolta bancaria diretta tra i clienti. A dicembre, i conti deposito e correnti sono risaliti di 40,1 miliardi a 1.779,4 miliardi, così come gli investimenti nelle obbligazioni bancarie di 2,4 miliardi a 49 miliardi. In totale, quindi, la raccolta ha segnato una crescita di 42,5 miliardi, che si confronta con i +24,2 miliardi dell’ultimo mese dell’anno precedente.

Un recupero sul finire dell’anno, che si spiega grosso modo con le tredicesime incassate da milioni di lavoratori dipendenti, le quali aumentano la liquidità disponibile delle famiglie.

Meno BTp nei portafogli bancari

Tuttavia, nell’intero anno dobbiamo registrare un calo dei depositi di 71 miliardi e un aumento delle obbligazioni bancarie di 39,9 miliardi. Il dato netto resta negativo, pur non di molto: -31,1 miliardi. Come si spiega? Le famiglie hanno spostato liquidità dai conti ancora poco fruttiferi ad asset come corporate bond e titoli di stato. Si consideri che dalla fine del 2021 all’ottobre scorso, i loro investimenti in BTp sono esplosi di 180 miliardi ad oltre 322 miliardi di euro.

Invece, le banche hanno ridotto le esposizioni verso il debito pubblico italiano. Avevano in portafoglio BTp per 391 miliardi a fine 2021, mentre un anno dopo erano a 372,8 miliardi e nel novembre scorso erano diminuiti ancora a 353,1 miliardi. Il calo nei primi undici mesi del 2023 risulta essere stato di 19,7 miliardi dopo i -18,2 miliardi del 2022. In un biennio, -37,9 miliardi. Su base annuale, invece, il calo è risultato di 36,5 miliardi, mentre quello mensile di appena 1,3 miliardi.

Calo tassi mutui, ma anche dei prestiti

E, infine, una nota dolente. L’erogazione dei prestiti alle famiglie e alle società non finanziarie continua a scendere. A dicembre, è stata complessivamente di 1.428 miliardi, -32 miliardi su base annua e al 70,4% della raccolta, un dato anch’esso in calo dal 71,8% di un anno prima. Significa che, sostanzialmente, le banche prestano al settore privato appena 70 euro su 100 a disposizione. Questo comporta due conseguenze: i tassi alla clientela non salgono, perché i risparmi eccedono il fabbisogno di liquidità delle banche; l’economia italiana cresce poco, perché le imprese ricevono poco denaro da investire e le famiglie per effettuare acquisti di beni durevoli. E questo è un trend che va avanti oramai dalla famosa crisi dello spread del 2011.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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