Carlos Tavares, il ruvido manager portoghese, lascia la carica di amministratore delegato di Stellantis in polemica con il Consiglio di Amministrazione. La ricerca per il suo successore era stata già avviata dal presidente John Elkann nei mesi scorsi, in vista della scadenza del mandato nel 2026. Adesso, dovrà accelerare. Si parla della prossima primavera quale deadline entro cui nominare un nuovo CEO. Nel frattempo, i poteri saranno esercitati dallo stesso Elkann, coadiuvato da un ristretto comitato esecutivo.
Tavares ha smantellato ex Fiat in Italia
Soltanto poche settimane fa, l’audizione di Tavares in Parlamento suscitò sdegno e polemiche.
Azionisti contenti e super-bonus
Sarebbe ingenuo credere che Tavares abbia potuto fare tutto questo di testa sua. La sua è stata una politica basata sul taglio dei costi, ma non sugli investimenti a lungo termine. Se è riuscito a intascarsi lauti stipendi fino a 35 milioni di euro all’anno, bonus inclusi, è perché agli azionisti stava più che bene. Altrimenti, non gli darebbero altri 100 milioni come buonuscita. E gli azionisti sono essenzialmente tre: la famiglia Exor/Elkann tramite Exor al 15,16%, la famiglia Peugeot al 7,563% e lo stato francese con il 6,50%. Questi tre soggetti hanno affidato all’ormai ex CEO il compito di trasferire le produzioni dove costavano di meno e di reclamare in Paesi come l’Italia incentivi per finanziare la transizione verso l’elettrico.
Semplice, no? Smantello sotto i tuoi occhi gli stabilimenti e mentre lo faccio ti minaccio di mandare tutti i lavoratori a casa definitivamente se non mi sussidi la produzione. Altro che un milione di veicoli da produrre in Italia ogni anno! Tavares ha svolto il suo compito alla perfezione. Il titolo Stellantis in borsa sotto di lui è arrivato a balzare del 125%, mentre i profitti cumulati sono arrivati a 55 miliardi. Poi, però, dall’inizio di quest’anno i dati mutano drammaticamente. Le vendite di auto collassano senza più incentivi per le auto elettriche in Europa. Il titolo perde fino al 55%, parte la cassa integrazione negli stabilimenti italiani e a Tavares rimane solo la spocchia.
Ipotesi de Meo e Renault
E ora? La verità è che dopo di lui può anche peggiorare. C’è un italiano in corsa per la successione: si chiama Luca de Meo e guida un altro gruppo automobilistico francese, cioè Renault. Ha doti di empatia maggiori del CEO dimissionario e, soprattutto, da presidente di Acea, l’associazione automotive europea, si è detto favorevole a un rinvio della scadenza del 2035 per l’obbligo nell’Unione Europea di vendere solo auto elettriche. Dimostra barili di realismo in più rispetto al portoghese, che anche in contrasto con la rete vendite della stessa Stellantis ha mantenuto la posizione favorevole all’attuale legislazione comunitaria.
Il problema è che la scelta di de Meo avrebbe il senso di spingere Stellantis a fondersi con Renault. Il gruppo, già sbilanciato molto verso Parigi, diverrebbe di fatto franco-francese. Lo stato transalpino detiene il 15,01% in Renault, per cui la sua posizione rispetto ad azionisti come Exor si rafforzerebbe. Il cuore del colosso sarebbe ancora più lontano dall’Italia e tutto questo ne ridurrebbe il potere negoziale. E come se non bastasse, l’operazione servirebbe solo a togliere le castagne dal fuoco alla politica francese, che si ritrova con due case in difficoltà.
Tavares lascia Stellantis senza un piano
Stellantis con Tavares non ha avuto un vero piano industriale. Ha puntato sull’elettrico senza successo, pensando che i sussidi statali sarebbero stati indefiniti. Ora può o proseguire su questa nuova linea fallimentare o fare leva sulle ibride. Ma del futuro degli stabilimenti italiani cosa ne sarà? E nel Nord America, dove i sindacati sono sul piede di guerra contro l’azienda per i numerosi tagli subiti? Non c’è alcuna risposta a queste domande. Sappiamo solo che Elkann osteggia la fusione con Renault, ma nel frattempo non frena lo smantellamento della produzione in Italia. E’ già come se non avessimo un primo azionista italiano. Figuriamoci dopo.