A quanto sembra il contribuente che il prossimo anno non presenterà dichiarazione dei redditi e, comunque, chi avrà imposta lorda pari a zero, non potrà godere del 20% del nuovo bonus vacanze previsto dal decreto Rilancio, ossia di quella parte del beneficio fruibile solo sotto forma di detrazione fiscale in dichiarazione. Cerchiamo di capirci meglio.
L’art. 176 del decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020), al fine di favorire la ripresa del settore turismo nel nostro territorio dopo il periodo di crisi legato al Covid-19, ha istituito, per il periodo d’imposta 2020, in favore dei nuclei familiari con un reddito ISEE non superiore a 40.000 euro, un credito d’imposta a fronte del pagamento dei servizi offerti in ambito nazionale dalle imprese turistico ricettive, agriturismo e bed & breakfast in possesso dei titoli prescritti dalla normativa nazionale e regionale.
L’agevolazione è quantificata in 500 euro per ogni nucleo familiare. Importo che, tuttavia, si riduce a 300 euro per i nuclei familiari composti da due persone e a 150 euro per quelli composti da una sola persona. È utilizzabile da un solo componente del nucleo familiare e nel periodo 1° luglio 2020 -31 dicembre 2020.
Il problema per gli incapienti
Per poterne aver diritto è necessario che: a) le spese siano sostenute in un’unica soluzione ed in relazione ai servizi resi da una singola impresa turistico ricettiva ovvero da un singolo agriturismo o da un singolo bed & breakfast; b) il totale del corrispettivo sia documentato da fattura elettronica o documento commerciale, con indicazione del codice fiscale del soggetto che intende fruire del credito; 3) il pagamento del servizio sia corrisposto senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.
In merito poi alle modalità di utilizzo, espressamente la norma stabilisce che il beneficio è riconosciuto per l’80% sotto forma di sconto diretto in fattura da parte della struttura (e qui la norma specifica anche che ci deve essere “l’intesa del fornitore”) ed il restante 20% in forma di detrazione d’ imposta in sede di dichiarazione dei redditi da parte dell’avente diritto.
Da qui, l’osservazione di cui in premessa, poiché il contribuente che non presenterà dichiarazione, oppure che non avrà IRPEF su cui far valere le proprie detrazioni fiscali vedrà persa questa parte del bonus. Ad ogni modo, è giusto attendere il Provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate per avere conferma di quanto appena detto (si potrebbe stabilire, infatti, di trasformare in credito d’imposta la parte di detrazione che non trova capienza nell’IRPEF).
Riguardo, invece, la struttura ricettizia, questa recupererà lo sconto applicato in fattura e lo farà sotto forma di credito d’imposta da utilizzare esclusivamente in compensazione, con facoltà di successive cessioni a terzi, anche diversi dai propri fornitori di beni e servizi, nonché ad istituti di credito o intermediari finanziari. Il credito d’imposta non ulteriormente ceduto è usufruito dal cessionario con le stesse modalità previste sopra per il soggetto cedente.