Non giungono buone notizie dall’Università di Princeton per la nostra privacy. Purtroppo, l’incubo di noi tutti sembra ormai confermato dati inconfutabili. La grande paura di essere spiati non era solo una paranoia, il Grande Fratello orwelliano si è dimostrato reale, i siti web ci spiano!

Il web ci spia, ora la paura è reale

Una ricerca condotta dall’Università di Princeton ha dimostrato che oltre 400 siti online raccolgono le nostre informazioni durante le nostre ricerche in rete. Tale ricerca ha evidenziato che gli scripts sui siti web estraggano informazioni personali in maniera intrusiva.

Quando un utente visita un sito, non solo viene registrato tutto quello che egli digita o clicca ma viene salvato anche quello che scrive o  cancella. Questo tracciamento dei dati viene in gergo informatico chiamato session replay, ed è sostanzialmente la stesso problema per il quale fu attaccato Facebook nel 2013, colpevole di registrare quel che gli utenti scrivevano (anche se in quel caso non venivano nuovamente postato, ovvero replicati).

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Insomma, al di là della nostra cache sempre piena che registra le nostre ricerche e ci propone gli stessi risultati quando andiamo su Google, le pubblicità che invece ci vengono costantemente proposte, dopo aver fatto una determinata di ricerca sono invece opera di siti che hanno registrato le nostre preferenze, ed ora vogliono riproporcele. Lo shopping online non sfugge a questo tipo di meccanismo. Sarà capitato a tutti di vedere continuamente un prodotto di un determinato sito pubblicizzato su un’altra pagina web, dopo aver fatto qualche acquisto nel sito pubblicizzato.

Session replay scripts, oltre il problema

Ora, che i siti utilizzino gli scripts per avere una visione completa delle preferenze degli utenti, è cosa nota da sempre e non pone un grande fastidio al navigatore.

Il vero grande problema però è che ora molti siti (almeno quelli americani analizzati nella ricerca) usano i session replay scripts. Questi scripts registrano le sequenze dei tasti, i movimenti del mouse, lo scrolling e tutti i contenuti visitati all’interno della pagina per poi fornirli a terzi. In sostanza, dunque, registrando tutto quel che viene fatto sulla pagina con tastiera e mouse, viene anche registrata la nostra password quando, ad esempio, effettuiamo il pagamento online, indipendentemente dal fatto che sia già stata memorizzata e inserita automaticamente o manualmente. Dopo la pubblicazione di questa ricerca, diverse aziende americane hanno annunciato che non useranno più i session replay scripts, staremo a vedere.

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